Il dibattito è stato catalizzato dal punto D.4 dei termini che proibisce l’invio di dispositivi contenenti parti non autorizzate da Google, con la minaccia implicita che in tal caso il dispositivo non sarebbe stato restituito al proprietario. La politica, estremamente restrittiva, ha sollevato critiche da parte degli utenti, specialmente dopo le controversie legate alla politica analoga adottata da Samsung in collaborazione con iFixit. In particolare, l’accordo tra le due aziende includeva la clausola che le parti non originali presenti negli smartphone Galaxy dovessero essere distrutte dalle officine di riparazione anziché restituite ai proprietari.
Considerando le polemiche sollevate, l’azienda di Mountain View ha prontamente annunciato una revisione della politica contestata. In particolare, Google ha precisato che, in caso di presenza di parti non autorizzate, lo smartphone verrà comunque restituito
all’utente anziché essere trattenuto o distrutto. La modifica rappresenta un compromesso equo tra la tutela degli interessi dell’azienda e la convenienza dei fruitori.La traduzione dei termini e condizioni in lingua italiana ha sollevato ulteriori interrogativi, poiché il punto D.5 sembrava presentare una politica diversa rispetto alla versione in lingua inglese. Tale apparente disparità è stata attribuita alla diversità delle società di assistenza incaricate da Google in differenti regioni. Mentre negli Stati Uniti il servizio è gestito da KMT Wireless, LLC dba Cynergy, in Italia la responsabilità è affidata a Regenersis (CTDi) di Varsavia.
La nuova formulazione del punto D.4 fornisce una maggiore chiarezza e flessibilità, garantendo al contempo la sicurezza e l’affidabilità dei dispositivi Pixel riparati. Inoltre, l’impegno a collaborare con i clienti in situazioni eccezionali sottolinea l’attenzione di Google verso la risoluzione delle problematiche in modo trasparente e responsabile.