La Cina ha fatto scoppiare la bolla dei pannelli solari, generando un’onda lunga sui mercati globali che sta affossando i prezzi. Nonostante la spinta alla transizione energetica possa essere vista positivamente, l’eccesso di capacità produttiva cinese ha creato un surplus ingestibile, tanto che Stati Uniti e Unione Europea hanno chiesto a Pechino di contenere la produzione.

Un surplus energetico difficile da gestire

Il problema non è solo di natura commerciale, ma anche infrastrutturale. La Cina ha installato così tanti pannelli solari da generare un surplus di energia che il Paese non ha la capacità di stoccare. Le autorità cinesi hanno iniziato a ritirare alcuni sussidi per il settore, tentando di ridurre il numero di nuove installazioni, ma il dado ormai è tratto: nel primo trimestre del 2024 le installazioni sono cresciute del 33% rispetto all’anno precedente, dopo il boom del 154% registrato nello stesso periodo del 2023.

Anche i produttori cinesi stanno sentendo la pressione dell’overcapacity. Longi Green Energy Technology, il più grande produttore mondiale di celle solari, ha annunciato il licenziamento di migliaia di lavoratori a causa della sovraccapacità e dei prezzi bassi. Un mercato interno saturo sta producendo un cortocircuito globale, con migliaia di pannelli solari invenduti che hanno invaso i mercati extra-asiatici.

La Germania e il rischio di prezzi negativi

Il fenomeno cinese non è isolato. Anche la Germania sta producendo così tanta energia solare che i prezzi dell’energia sono scesi in territorio negativo. Lo scorso anno la Germania ha installato una capacità record di 14.280 MW di energia solare, quasi il doppio rispetto al 2022, raggiungendo una capacità totale di 81.7 GW, ben oltre la domanda media di 52.2 GW. Sia in Cina che in Germania, la rete fatica a supportare questo eccesso di energia, con il rischio che chi produce in eccesso non possa più rivenderla, limitandosi all’autoconsumo.

L’Europa tra dazi e nuove dipendenze

I dazi adottati dagli USA difficilmente argineranno il fenomeno, mentre l’Europa ha avviato indagini su due società cinesi sospettate di aver ricevuto sussidi statali. Nonostante in vari Paesi, compresa l’Italia, si stiano avviando nuove produzioni, Bruxelles rischia di sostituire la dipendenza da Mosca per il gas con una dipendenza da Pechino per le tecnologie verdi, compresi i moduli solari. La migliore risposta, al momento, resta quella di puntare sulla qualità e l’innovazione tecnologica che, nel lungo periodo, potrebbe fare la differenza.

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