Poco meno di 6o anni fa, un gruppo di sei studenti di un collegio di Tonga sono rimasti bloccati su un’isola deserta. Nel 1965 questo gruppo di ragazzi rubò una nave e salpò verso le Fiji senza una mappa né bussola.
I ragazzi si resero presto conto dell’enorme errore che avevano commesso: una tempesta distrusse il timone e le vele, lasciandoli per otto giorni alla deriva. Dopo questo periodo alla deriva approdarono sull’isola vulcanica di Ata, a cento miglia da dove iniziarono il viaggio.
Cosa successe sull’isola deserta?
Anche se erano esausti rimasero uniti e si ingegnarono per sopravvivere. Si nutrivano di pesci crudi e bevevano il sangue degli uccelli marini. Dopo aver ritrovato le forze esplorarono l’isola e scoprirono un vecchio insediamento abbandonato pieno di utensili e polli. Dopo che accesero il fuoco la loro situazione si semplificò. Grazie al fuoco potevano cucinare e organizzare la loro permanenza sull’isola, infatti, costruirono una capanna, piantarono un giardino e decisero i turni di guardia per avvistare le navi in cerca di salvezza.
Nonostante la tensione i ragazzi rimasero uniti e dopo 15 mesi il pescatore australiano, Peter Warner, li avvistò e li portò in salvo. Quando tornarono a Tonga, furono accolti come eroi, ma inizialmente furono arrestati per il furto della barca.
Lo storico olandese, Rutger Bregman, scoprì la storia di questi ragazzi e la inserì nel suo libro intitolato “Humankind: A Hopeful History“. Secondo la visione di Bregman l’uomo ha un inclinazione naturale alla collaborazione e alla solidarietà. Questa tesi si contrappone a quella narrata nel celebre romanzo “il signore delle mosche” di William Golding, un ragionamento molto più interessante e complesso che porta con sé innumerevoli interrogativi che in nessun modo possono essere trascurati in una analisi più profonda che apre le porte verso l’umanità, e non solo.