Negli ultimi tempi, la questione dell’abbonamento a pagamento per Facebook e Instagram ha sollevato un acceso dibattito. Stavolta, a sollevare perplessità è stata direttamente la Commissione europea. La quale ha messo in dubbio la definizione di “gratuità” utilizzata da Meta. In un comunicato stampa del 22 luglio 2024, si apprende che il modello “paga o accetta” delle due celebri piattaforme potrebbe violare le leggi sulla protezione dei consumatori. A partire da novembre 2023, in Italia è stata introdotta una soluzione che consente di utilizzare queste applicazioni senza pubblicità. A patto che venga pagata una cifra di 12,99€ al mese per i dispositivi mobili. In alternativa, gli utenti possono continuare a utilizzare i social fornendo il consenso a Meta per raccogliere e utilizzare i propri dati personali. Ciò al fine di mostrare annunci personalizzati.
Questa pratica non è vista di buon occhio dall’UE. La Consumer Protection Cooperation (CPC) Network ha dato all’ azienda tempo fino al 1 settembre 2024 per proporre modifiche a questo modello. Se essa non troverà una soluzione, si stanno considerando sanzioni potenziali. Le quali potrebbero arrivare persino al 4% delle entrate annuali nei Paesi coinvolti. Secondo la CPC, le spiegazioni di Meta riguardo le versioni a pagamento e quelle gratuite alle proprie app sono “confuse”.
Di conseguenza potrebbero aver indotto le persone a prendere decisioni senza comprendere appieno le implicazioni. In più, definire “gratuite” le versioni senza pubblicità sarebbe fuorviante. Poiché viene comunque richiesto agli utenti di autorizzare l’uso dei propri dati per annunci mirati. L’UE cerca dunque maggiore trasparenza riguardo alla strategia “accetta o paga“.In risposta alle accuse, Meta ha difeso il suo modello di abbonamento. Il portavoce Matt Pollard ha dichiarato a The Verge che il loro non è altro che una tecnica di business già ben consolidata in molti settori. Pollard ha infatti sottolineato che l’ azienda agisce in conformità con le direttive della più alta corte europea. In più egli si è detto fiducioso che tutto ciò rispetti pienamente le attuali normative europee.
Tale controversia riflette però una crescente preoccupazione per la privacy e la trasparenza nell’era digitale. Le persone, online, si trovano spesso di fronte a scelte complesse e poco chiare. Ecco perché le autorità cercano di garantire che le società forniscano sempre informazioni precise e complete. La situazione è in evoluzione e potrebbe portare a cambiamenti rilevanti nel modo in cui i servizi digitali vengono offerti e regolamentati.