La Russia non tollera più l'indifferenza di Google e del suo YouTube per le regole imposte dal Cremlino e decide di farsi sentire.

Mentre YouTube affronta le sfide legate agli AdBlock, un nuovo fronte di tensione si sta aprendo tra il servizio di streaming video di Google e il governo russo. Infatti, il Cremlino sembra intenzionato a ridurre la velocità di navigazione su YouTube come risposta alle posizioni assunte da Google sul conflitto in Ucraina. Questa decisione potrebbe avere un impatto significativo sugli utenti russi della piattaforma.

 

La difficile questione tecnica e politica di Google in Russia

Dopo il ritiro di Google dalla Russia nel 2022, quando la filiale locale dell’azienda ha dichiarato bancarotta, molti servizi come Gmail e Google Chrome sono praticamente scomparsi dal mercato russo. Tuttavia, la maggior parte delle offerte di Google ha continuato a essere operativa nel paese, scatenando un lungo braccio di ferro con le autorità russe. Il Cremlino ha infatti chiesto a Google di limitare l’accesso a contenuti considerati “anti-russi” o “di disinformazione“, facendo pressione affinché la piattaforma rimuovesse video provenienti dall’estero.

YouTube è stata la piattaforma maggiormente coinvolta in queste controversie, con il governo russo che ha ripetutamente richiesto il blocco di video e la riattivazione di canali come Russia Today e Sputnik News, già oscurati nel 2022. Nonostante le pressioni, Google ha mantenuto la sua posizione, senza modificare le politiche di moderazione dei contenuti per il mercato russo.

La situazione ha spinto il deputato Alexander Khinshtein a comunicare che Mosca prevede di ridurre la velocità di YouTube del 70%, colpendo così le velocità di download e upload. Secondo Khinshtein, questa misura si rende necessaria a causa dell’incapacità di Google di rispettare le normative russe sulla moderazione dei contenuti online.

In aggiunta, l’ente russo per le telecomunicazioni, Roskomnadzor, ha accusato Google di trascurare la propria infrastruttura in Russia, contribuendo alla bancarotta delle sue sussidiarie locali, che ora non riescono a sostenere i costi di gestione dei datacenter. Tuttavia, resta da vedere se questa situazione porterà a nuove sanzioni contro YouTube, dopo le ingenti multe inflitte dal Cremlino nel corso dell’anno scorso.

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