Lo spot, intitolato “Dear Sidney“, è incentrato sul sogno di una bambina che vorrebbe diventare un’atleta e che desidera scrivere una lettera al suo idolo, l’atleta statunitense Sydney McLaughlin-Levrone. Il padre, spinto dalla voglia di aiutarla nella stesura della “lettera perfetta”, delega il compito a Gemini, l’AI generativa di Google.
Molto probabilmente nelle intenzioni di Google vi era quella di esaltare l’utilità di Gemini ma il pubblico non sembrerebbe aver apprezzato. Il messaggio, come riportato da IlPost.it, è stato recepito come particolarmente “freddo” e incentrato esclusivamente sulla possibilità di delegare anche le azioni più intime a una macchina.
La questione che ha coinvolto Google e il suo spot pubblicitario realizzato per la promozione di Gemini durante le Olimpiadi di Parigi solleva un dibattito non indifferente riguardo la maniera migliore da adottare per sponsorizzare l’intelligenza artificiale. Porre in rilievo la possibilità di delegare attività prettamente intime, come quella mostrata da Google, o legate ai proprio “doveri” quotidiani, non sembra avere un impatto positivo sul pubblico, che inoltre perde di vista la vera e propria utilità di tali tecnologie. Inoltre, in molte occasioni pare amplificata la confusione, già da non sottovalutare, circa la differenza tra AI generativa e motori di ricerca.
Gli utenti spesso affidano le loro ricerche e curiosità ai chatbot AI non tenendo conto della natura dei risultati ottenuti, accantonando così la consapevolezza riguardo ciò che li distingue appunto dai motori di ricerca.
La situazione induce nuovamente a riflettere sulla necessità di fare chiarezza e istruire gli utenti all’utilizzo appropriato di tali strumenti, una necessità che potrebbe essere parzialmente soddisfatta tramite gli giusti strumenti pubblicitari.