Bufera su Honda e Hyundai: dati degli automobilisti venduti

Honda e Hyundai sono nel mirino dei senatori USA per la vendita dei dati degli automobilisti a Verisk Analytics. Secondo una lettera inviata alla Federal Trade Commission (FTC) dai senatori Ron Wayde e Edward Markey, le case automobilistiche avrebbero venduto i dati a un broker di dati per pochi centesimi a nominativo. Ciò ha suscitato gravi preoccupazioni sulla privacy dei guidatori.

Honda e Hyundai hanno venduto davvero i dati?

Secondo quanto riportato nella lettera, Honda ha condiviso i dati di circa 97.000 veicoli tra il 2020 e il 2024. Ha così guadagnato complessivamente 25.920 dollari, equivalenti a soli 26 centesimi per automobilista. I dati erano stati raccolti attraverso il programma Driver Feedback, un’iniziativa di Honda che prometteva di migliorare la sicurezza stradale fornendo feedback ai conducenti. Il programma ha però finito per condividere informazioni personali con un broker di dati senza la giusta trasparenza. Nessuno sapeva della condivisione. Hyundai è coinvolta in uno scandalo ancora più grande. Pare che la società abbia venduto i dati di 1,7 milioni di veicoli nel periodo che va dal 2018 al 2024. Hyundai ha guadagnato circa 1 milione di dollari, ossia 61 centesimi per ogni veicolo.

Questi dati erano stati raccolti tramite il programma Driving Score, attivato senza autorizzazione la connettività Internet dell’auto. Quasi sempre, infatti, gli automobilisti non sono stati avvisati. Anche General Motors è stata citata nella lettera, sebbene non siano stati resi noti i dettagli specifici sulle quantità di dati venduti o sulle somme guadagnate. I senatori accusano le Hyundai e Honda di pratiche ingannevoli. Hanno in particolare enfatizzato i vantaggi dei programmi di raccolta dati senza chiarire le implicazioni per la privacy. Wayde e Markey hanno chiesto alla FTC di indagare a fondo sulle modalità di gestione e condivisione dei dati da parte delle case automobilistiche, spingendo per una maggiore trasparenza e un controllo più rigoroso. Vogliono garantire che i consumatori siano pienamente informati su come i loro dati vengono utilizzati e condivisi, evitando pratiche ingannevoli e potenzialmente dannose per la privacy degli utenti.

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