Dai primi trailer, Dustborn appare come un prodotto dalle influenze ambiziose: una giovane protagonista, conflitti interiori e una trama che sembra richiamare Life is Strange, ma con un mix di combattimenti contro robot e numerosi minigiochi. Dopo aver trascorso molte ore con il gioco, posso affermare che Dustborn è stato il titolo più peculiare che abbia affrontato quest’anno, suscitandomi emozioni contrastanti e difficili da definire.
Dustborn, tra innovazione e limite
È importante notare che il gioco è interamente sottotitolato in italiano, un raro e apprezzato vantaggio in un mercato sempre più carente di traduzioni. Realizzato da Red Thread Games, Dustborn porta il marchio di produzione “Spotlight by Quantic Dream“, etichetta associata ai creatori di Heavy Rain e Detroit: Become Human, garantendo un pedigree narrativo di tutto rispetto.
Nonostante ciò, Dustborn si presenta come un gioco che cerca di fare troppo e finisce per non eccellere in nulla in particolare. All’avvio, l’uso del cel shading e il tentativo di creare un’esperienza da fumetto interattivo sono intriganti, con le scelte nei dialoghi che si trasformano in vignette consultabili nell’inventario. Tuttavia, la narrativa e l’ambientazione, un futuro alternativo con robot e un’America totalitaria, appaiono disorganizzati e confusi.
La storia ruota attorno a Pax e al suo gruppo di amici, che, sotto le spoglie di una band musicale chiamata Dustborn, cercano di attraversare l’America trasportando un oggetto prezioso. Nonostante un inizio promettente, il ritmo del gioco è lento, e il legame con i personaggi è debole. Le scelte, lontane dall’avere un impatto significativo, non riescono a valorizzare il cast o a sviluppare una trama profonda. Inoltre, la rappresentazione di Pax e dei suoi compagni, sebbene originale, non riesce a coinvolgere emotivamente come sperato.
Il gioco, uscito il 20 agosto per PS5, Xbox Series X|S e PC al prezzo di 29,99 euro in formato digitale, è disponibile anche in una Deluxe Edition fisica a 39,99 euro su Amazon Italia. Dustborn si rivela quindi un’esperienza ambiziosa ma imperfetta, che non riesce a sfruttare appieno il potenziale del suo innovativo approccio narrativo e ludico.