L’incremento della popolazione mondiale sta esercitando una crescente pressione sull’ambiente e sulla salute pubblica, con effetti sempre più preoccupanti. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, entro il 2050 la popolazione globale raggiungerà i 9,7 miliardi, un aumento che, se da un lato testimonia i progressi in campo medico e agricolo, dall’altro pone gravi sfide per il futuro del pianeta.
Le conseguenze di questa crescita demografica sono visibili soprattutto nell’espansione delle aree urbane a discapito degli habitat naturali. Entro i prossimi 50 anni, si stima che oltre la metà delle terre emerse sarà occupata dall’uomo, mettendo ulteriormente a rischio la biodiversità. Attualmente, circa il 70-75% della superficie terrestre è già stato modificato dalle attività umane e, secondo uno studio pubblicato su Science Advances, entro il 2070 il 57% della terraferma potrebbe vedere una sempre maggiore sovrapposizione tra le aree urbane e quelle naturali.
Questa perdita di biodiversità è particolarmente preoccupante, in quanto strettamente legata all’aumento delle malattie infettive. Gli esperti stimano che circa il 75% delle malattie emergenti
nell’uomo siano di origine zoonotica, ovvero trasmesse dagli animali. Recenti epidemie, come l’influenza suina, l’aviaria e il Covid-19, sembrano tutte legate alla fauna selvatica. Secondo Kim Gruetzmacher, veterinario e ricercatore nella conservazione della fauna, la vera minaccia risiede nel comportamento umano e nella crescente invasione degli habitat animali. Gruetzmacher sottolinea l’importanza di monitorare le zone di contatto tra uomini e animali, al fine di prevenire future pandemie.Uno studio dell’Università del Michigan ha analizzato come evolveranno i contatti tra esseri umani e fauna selvatica nel tempo. Le previsioni indicano che in regioni densamente popolate come Cina, Africa, Sud America e India, tali contatti aumenteranno, mentre in alcune aree d’Europa potrebbero diminuire. Questi dati sono fondamentali per i leader politici, che dovranno trovare soluzioni per gestire i conflitti tra uomo e natura.
Rob Cooke, esperto ecologico britannico, avverte che, nonostante queste ricerche offrano indicazioni cruciali, ulteriori studi sono necessari per comprendere appieno le dinamiche tra uomo e fauna selvatica e le loro implicazioni future.