Un episodio inquietante si è verificato a Caserta, dove una semplice riparazione di un cellulare ha portato a un vero e proprio incubo per una donna che si è vista svuotare il conto corrente di ben 87.000 euro. La vicenda, al centro di un’indagine condotta dalla Procura di Napoli, ha coinvolto quattro persone ora sotto inchiesta con l’accusa di frode informatica, accesso abusivo a un sistema informatico e ricettazione.
La dinamica è emblematica dei rischi nascosti dietro una pratica comune: portare il proprio dispositivo in un centro di assistenza. Anche se i dettagli specifici sul centro in questione non sono stati rivelati, si ipotizza si tratti di un’assistenza multimarca, di quelle che offrono riparazioni fuori garanzia a prezzi inferiori rispetto ai centri ufficiali. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il tecnico avrebbe sfruttato l’accesso al dispositivo per entrare nell’account bancario della vittima, presumibilmente tramite l’app di Banca Intesa. Con le credenziali memorizzate nel telefono e l’autenticazione a due fattori gestita direttamente dal dispositivo, il truffatore ha potuto effettuare bonifici per 77.000 euro e acquisti online per 10.000 euro.
La truffa non si è fermata qui: parte del denaro è stata usata anche per l’acquisto di una BMW X6, rivenduta subito dopo per monetizzare ulteriormente il colpo. Questo caso mette in evidenza quanto possa essere rischioso consegnare il proprio telefono a un centro di assistenza senza adeguate protezioni. Spesso, infatti, dispositivi con schermi rotti vengono affidati ai tecnici così come sono, esponendo dati sensibili se non protetti da password o sistemi di sicurezza più avanzati.
Il caso di Caserta è un monito per tutti: anche se alcune aziende, come Samsung, hanno introdotto funzionalità come la modalità manutenzione, che limita l’accesso a dati sensibili, molto resta da fare per tutelare gli utenti meno esperti. Una maggiore sicurezza sui dispositivi, come il blocco automatico in caso di riparazioni, potrebbe prevenire episodi simili in futuro. Se fossero state utilizzate misure di sicurezza adeguate, come un pin o la protezione biometrica, probabilmente questa vicenda non avrebbe avuto luogo.