I cercapersone sono dispositivi unidirezionali AP-924. Quest’ultimi presentano una batteria al litio ricaricabile. Erano stati utilizzati di recente per condurre delle conversazioni non intercettabili dai militari israeliani. Non è ancora chiaro come sia stato attuato l’attacco. Secondo le prime indagini è stato ipotizzato che alcuni hacker abbiano inserito un malware nei dispositivi che ha surriscaldato la batteria fino a farla scoppiare. Una seconda alternativa, invece, afferma che una talpa infiltrata abbia inserito dell’esplosivo che è stato poi detonato a distanza, o innescato con un malware.
Sembra che il piano sia stato strutturato dettagliatamente. L’attacco ha coinvolto contemporaneamente diverse aree. Tra quest’ultime c’è Heizbollah, Dahiyeh
e Damasco. Lo scopo era quello di creare il più alto numero di danni. Prima che venisse detonato l’esplosivo il cercapersone è stato fatto squillare. Ciò ha fatto sì che i possessori lo avvicinassero al volto, causando così problemi al volto e agli occhi.L’attacco hacker condotto risulta essere molto sofisticato. Secondo Michael Horowitz della società Le Beck International che si occupa di consulenza, sembra che la violazione sia anche “fisica”. Infatti, è probabile che Israele abbia accesso al produttore dei cercapersone. In questo modo è stato possibile perpetuare l’attacco che ha portato, come anticipato, ad un paio di morti e una serie di feriti.
Al momento, si sta cercando di ridefinire la situazione. Le indagini sono in corso e si sta cercando di stabilire i soggetti coinvolti nella questione. In ogni caso, si tratta di un attacco hacker di un certo rilievo che fa crescere la preoccupazione di molti, soprattutto considerando l’attuale equilibrio già profondamente precario.