Groupon lascia l'Italia dopo un maxi-debito fiscale

Dopo aver accumulato un debito fiscale di 141 milioni di euro, Groupon ha deciso di ritirarsi dal mercato italiano. La società americana ha annunciato la chiusura dei propri uffici a Milano. La conseguenza? Il licenziamento di 33 dipendenti. Tutto nasce dalle indagini fiscali condotte dall’Agenzia delle Entrate, che hanno portato a due avvisi di accertamento. Il primo fu qualche tempo fa da 110 milioni e uno più recente da 28 milioni di euro. Ma come si è arrivati a questa situazione?

Le prime contestazioni risalgono al 2011. Le autorità italiane accusano Groupon di aver omesso il versamento delle imposte sui trasferimenti di denaro con la sua sede in Irlanda. La scelta di stabilire lì una parte delle operazioni non è casuale. Molte aziende tech scelgono paesi con agevolazioni fiscali. La giustizia italiana però, stavolta, non ha risparmiato il colosso americano. Con una sentenza di primo grado Groupon è stata ritenuta colpevole di non aver versato le imposte.

I conti pignorati e il ritiro dal mercato italiano di Groupon

Il tribunale ha imposto a Groupon di versare una garanzia di 74 milioni di euro. La cifra così elevata ha mandato in crisi l’azienda che non è riuscita a coprirla. Di conseguenza, le autorità italiane hanno proceduto con il pignoramento dei conti correnti. Groupon ha deciso di fare ricorso. La società ha cercato di minimizzare la situazione nel suo rapporto alla Securities and Exchange Commission. Ha definito infondate tutte le accuse sui prezzi di trasferimento del 2011. Nel frattempo, tuttavia, ha iniziato a valutare le sue opzioni per le operazioni in Italia.

Ad aprile ha già  sospeso la vendita di coupon locali e a luglio il Consiglio di amministrazione ha approvato la definitiva uscita dal mercato italiano. Il piano prevede una ristrutturazione con costi stimati fino a 7 milioni di dollari. Ma cosa significa questa mossa per Groupon? I dati non sono confortanti. Nell’ultimo trimestre, la società ha registrato un calo del 21% nelle entrate al di fuori degli Stati Uniti. C’era un tempo in cui l’azienda era forte, apprezzata dalla clientela, ma, come sempre, i tempi cambiano.

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