L'intera rete ferroviaria messa sotto scacco da un semplice chiodo di ferro, senza che nessuno si accorgesse dell'emergenza in tempo.

Il caos ferroviario che ha colpito la rete italiana qualche giorno fa ha scatenato un acceso dibattito, con il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che ha attribuito la causa a un semplice chiodo piantato nel posto sbagliato. Questo chiodo, stando a quanto riferito, sarebbe stato conficcato da un operaio della ditta Str92, che ha visto RFI sospendere il contratto in seguito all’incidente.

 

Un chiodo di troppo

La notizia di un chiodo responsabile di un simile disastro non sorprende tanto per il danno in sé, quanto per il fatto che un piccolo oggetto di ferro possa compromettere l‘intero funzionamento di un’infrastruttura complessa. Questa situazione ricorda, in modo inquietante, gli incidenti che si verificano nelle infrastrutture informatiche, dove un guasto può mettere a repentaglio un sistema intero, che viene dato per scontato fino a quando non si verifica un problema.

L’amministratore delegato di RFI, Gianpiero Strisciuglio, ha escluso l’ipotesi di un attacco informatico, parlando di un guasto insolito che ha colpito la cabina elettrica di alimentazione nel nodo di Roma. Tuttavia, il chiarimento offerto dal suo successore, Stefano Donnarumma, ha rivelato che tutto è iniziato proprio a causa di quel chiodo, interrompendo l’erogazione di tensione. Ciò che sorprende è che il malfunzionamento è avvenuto prima che si scatenasse il caos.

Il gruppo di continuità a batterie ha mantenuto in funzione la rete per circa tre ore senza segnalazioni, il che pone interrogativi su come sia stato possibile che nessuno si accorgesse che l’alimentazione primaria fosse stata sostituita dal sistema di backup. Solo quando le batterie si sono esaurite, verso le sei e venti del mattino, la situazione è degenerata. Gli interventi dei tecnici, purtroppo, sono stati tardivi.

 

Una questione delicata

Le domande sorgono spontanee: perché il sistema di backup non ha funzionato? Perché non ci sono stati avvisi? Inoltre, perché i tecnici hanno dovuto accendere manualmente i gruppi elettrogeni, che dovrebbero attivarsi automaticamente? L’intero episodio sembra rivelare una serie di falle nella gestione delle emergenze, sollevando preoccupazioni sulla preparazione e l’affidabilità dell’infrastruttura ferroviaria.

Dare la colpa a un operaio per un errore umano è una semplificazione pericolosa. Una rete ben progettata dovrebbe essere in grado di gestire e mitigare gli errori, piuttosto che crollare al primo intoppo. L’infrastruttura italiana sembra, purtroppo, non essere all’altezza delle aspettative.

 

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