Secondo quanto emerso dallo studio, in Myanmar si è registrato un peggioramento a partire dall’arrivo del regime militare nel 2021. In questo modo il Paese ha raggiunto gli stessi livelli registrati in Cina.
In Myanmar il regime militare ha messo in atto una politica di censura sui contenuti online. Le limitazioni riguardano anche l’accesso ai social media. Oltre che alle diverse piattaforme per la comunicazione. Lo scorso maggio 2023 la situazione è andata peggiorando con l’introduzione di nuove restrizioni riguardanti le reti VPN. Tale situazione ha portato ad un calo del livello di libertà su internet.
In Cina, il controllo viene esercitato con un complesso denominato “grande firewall”. Quest’ultimo è stato progettato con lo scopo di eliminare da internet qualsiasi contenuto che possa rappresentare una minaccia
per il regime del Partito Comunista. Pechino ha respinto tali accuse, ma il rapporto evidenzia una situazione del tutto diversa.Oltre i primi due Paesi con i valori più bassi, anche in altre aree del mondo la libertà su internet risulta in calo. Ad esempio, in Kirghizistan è stato registrato un calo importante. Stesso discorso per Azerbaigian e Iraq. Qui sono infatti state attivate delle misure contro attivisti e giornalisti. Tra i Paesi con i livelli più bassi c’è anche la Russia.
Il quadro generico è piuttosto negativo, ma è utile sottolineare che alcuni Paesi hanno effettuato importanti progressi per quanto riguarda la libertà su internet. Tra quest’ultimi c’è la Zambia. Mentre il Paese con maggiore libertà è l’Islanda. È seguita poi da Costa Rica, Estonia, Cile e Canada.
In tale contesto gli Stati Uniti hanno raggiunto un punteggio di 76 punti su 100. Mentre l’Italia ha totalizzato 75 punti su 100. Valori che permettono a tali Stati di essere considerati “liberi”.