L’origine della controversia risale alla decisione del Governo di esigere un canone dall’operatore per l’anno 1998. In quel periodo, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la normativa consentiva di richiedere solo il pagamento per i costi amministrativi derivanti dal regime di autorizzazioni generali e licenze individuali. Escludendo altre forme di prelievo economico. La Corte d’Appello di Roma ha quindi stabilito che la richiesta di pagamento dello Stato italiano non fosse legittima. Ciò ha riconosciuto a TIM il diritto di recuperare la cifra corrisposta. Tale decisione ha scatenato la reazione del Governo che ha deciso di appellarsi alla Corte di Cassazione
. In tal modo intende ottenere un ribaltamento della sentenza.È presente un precedente simile. Riguarda una causa intentata da Vodafone Italia. Quest’ultima ha ottenuto un esito positivo in Cassazione nel 2020. Ciò ha confermato il diritto riguardo la restituzione della cifra versata. Tale precedente alimenta la fiducia di TIM nel successo del proprio ricorso.
Il verdetto finale della Cassazione, atteso con interesse, sarà determinante per comprendere l’effettivo impatto della vicenda su TIM. Dal punto di vista economico, una sentenza favorevole per l’operatore rafforzerebbe la sua posizione nel mercato. Fattore che migliorerebbe la stabilità finanziaria. Inoltre, il caso potrebbe influenzare in modo rilevante le future regolamentazioni italiane sulle concessioni nel settore. La sentenza potrebbe richiedere tempi lunghi, ma avrà un peso significativo. Ciò sia sugli assetti futuri del mercato delle telecomunicazioni in Italia che sulle politiche di gestione delle concessioni da parte dello Stato.