La situazione finanziaria di Volkswagen è critica. Il CEO Oliver Blume ha finalmente ammesso che il Gruppo sta affrontando una delle sue peggiori crisi. I profitti continuano a ribasso con un calo del 63,7% nel terzo trimestre di quest’anno. Oltretutto vi è una riduzione delle vendite dell’8,3%. A peggiorare le cose, nei primi nove mesi dell’anno gli utili sono scesi del 30,7%. Ma cosa ha causato questo tracollo? Secondo Blume, si tratta di problemi radicati. Questi affondano le loro radici in “decenni di inefficienze strutturali”. Il mercato europeo, un tempo solido, ha poi mostrato in generale segni di cedimento e la cosa ha contribuito a peggiorare il tutto. Si aggiunge al contesto negativo anche la concorrenza cinese ha intensificato la pressione sulle aziende europee, compresa la Volkswagen.
La Germania, un tempo motore dell’industria automobilistica europea, sembra ora il suo tallone d’Achille. Blume ha evidenziato come i costi del lavoro nel Paese siano “più del doppio” rispetto alla media delle altre sedi europee. Come può Volkswagen competere con concorrenti più agili e meno gravati da costi così elevati? La risposta sembra risiedere in un drastico taglio dei costi, a partire dal personale.
Tagli al personale e ai costi: una soluzione necessaria per Volkswagen?
Volkswagen ha già stanziato 900 milioni di euro per implementare misure di riduzione dei costi. Tra queste, Blume ha parlato della necessità di ridurre bonus vacanze e sconti aziendali, eliminare i bonus fedeltà e rivedere le politiche di prepensionamento. Si è anche parlato di tagli agli stipendi del 10%, respingendo così le richieste sindacali di aumenti salariali.
Il responsabile delle risorse umane, Gunnar Kilian, ha fatto eco alle parole di Blume, affermando che è tempo di rimboccarsi le maniche e affrontare rapidamente la ristrutturazione. Ma sarà sufficiente per riportare il Gruppo sulla via del successo? Le fabbriche in Germania potrebbero chiudere o Volkswagen riuscirà a superare questa crisi senza dover fare ulteriori sacrifici? Le sfide sono molte, e la domanda resta: questi tagli saranno sufficienti per salvare il secondo produttore automobilistico al mondo?