Università sudcoreane stanno progettando un nuovo tipo di celle solari ibride, integrando della perovskite con fotosemiconduttori organici.

La perovskite è sempre più al centro dell’attenzione nel settore delle energie rinnovabili, soprattutto per il suo incredibile potenziale nei pannelli fotovoltaici. Negli ultimi anni, questo materiale ha mostrato di poter superare le performance del silicio, portando a un significativo miglioramento nell’efficienza di conversione dei pannelli solari. Recentemente, i ricercatori sono riusciti a spingersi oltre, raggiungendo un nuovo record di efficienza che ora si attesta al 28,49%. Ma non si fermano qui: una nuova scoperta ha ampliato ulteriormente le capacità di questo materiale, permettendo di catturare anche la luce nel vicino infrarosso, una parte dello spettro solare invisibile all’occhio umano.

 

Le celle solari ibride in perovskite

Il merito di questa nuova innovazione va a un gruppo di ricercatori delle università sudcoreane KAIST e Yonsei, che hanno progettato delle celle solari ibride in perovskite capaci di assorbire radiazioni solari in una parte dello spettro fino a ora poco sfruttata. Questo risultato è particolarmente interessante perché amplia l’intervallo di luce che può essere convertito in energia, permettendo una maggiore produzione. Ma come si è arrivati a questo punto? La chiave del successo sta nell’integrazione della perovskite con fotosemiconduttori organici, creando un dispositivo ibrido che è riuscito a estendere l’area di assorbimento della luce fino a 10 micrometri, ben oltre il visibile.

Ovviamente, non è stato un processo semplice. Gli scienziati hanno dovuto risolvere alcuni problemi legati all’interfaccia tra la perovskite e i semiconduttori organici, una zona critica dove si accumulano cariche che possono ridurre l’efficienza. Per superare questo ostacolo, hanno introdotto uno strato sub-nanometrico di dipolo, che ha permesso di migliorare la densità di corrente e massimizzare l’assorbimento nella zona del vicino infrarosso. Il risultato è stato sorprendente: un’efficienza complessiva del 24%.

Inoltre, questi moduli solari si sono dimostrati molto stabili, mantenendo oltre l’80% della loro efficienza anche dopo 800 ore di esposizione a condizioni di alta umidità. Insomma, la perovskite non è solo un materiale promettente per l’energia solare del futuro, ma è anche in grado di risolvere alcune delle problematiche più importanti legate alla stabilità e all’efficienza. Se questa tecnologia continuerà a evolversi, potrebbe segnare una vera e propria rivoluzione nel settore dell’energia solare.

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