Fukushima, tristemente nota dopo il disastro nucleare di tredici anni fa, vede procedere lentamente il suo processo di bonifica.

A tredici anni dal disastro nucleare di Fukushima, un importante passo è stato fatto con l’estrazione di un frammento di combustibile fuso, delle dimensioni di soli 5 mm per 3 grammi, all’interno di uno dei reattori danneggiati. Sebbene il campione sia piccolo, la sua estrazione rappresenta un progresso fondamentale nella pianificazione del processo di smantellamento della centrale e nel miglioramento delle tecnologie e dei robot necessari per affrontare questo delicato compito. Questo intervento è cruciale non solo per comprendere meglio le cause dell’incidente, ma anche per limitare i rischi di contaminazioni future, in particolare per il suolo, le falde acquifere e l’atmosfera circostante.

 

Fukushima, prima e dopo il disastro

Il recupero dei rifiuti nucleari, sebbene avvenga con ritardo, è una misura essenziale per prevenire ulteriori danni all’ambiente. Dopo l’incidente, il materiale radioattivo ha perso parte della sua pericolosità, ma rimane comunque una minaccia costante. Per questo motivo, il prelievo dei detriti è fondamentale. Le operazioni di rimozione hanno portato a una riduzione della contaminazione superficiale, ma le zone limitrofe alla centrale restano un’area pericolosa. Nonostante il governo giapponese abbia revocato le misure di evacuazione in diverse aree, la maggior parte dei residenti non ha fatto ritorno. Le tre cittadine più vicine alla centrale contano appena l’1% dei residenti che hanno scelto di tornare.

Un tempo, Fukushima era famosa per la sua agricoltura, con riso e pomodori che avevano ottenuto fama internazionale, ma ora l’economia della zona è gravemente compromessa. La mancanza di servizi primari e la persistente pericolosità radioattiva hanno reso invivibile l’area per molte persone. Le aziende non tornano ad investire, con l’eccezione di alcune realtà come il birrificio Suzuki e chef come Dominique Corby che hanno deciso di riportare i loro affari nella zona.

 

Le difficoltà del processo di smantellamento

La rimozione del combustibile fuso è una delle operazioni più difficili e rischiose del processo di smantellamento. L’inizio dei lavori è stato più volte rimandato a causa delle difficoltà legate alla pandemia e alle sfide tecniche, tra cui il fallimento di numerosi robot utilizzati nelle prime fasi. Solo grazie ai progressi della robotica, è stato possibile compiere questo primo passo cruciale.

 

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