Il nuovo rapporto dell’ISPRA sul bilancio idrologico nazionale ci porta a riflettere seriamente sullo stato delle risorse idriche in Italia. Attraverso il modello BIGBANG, sviluppato per studiare i flussi d’acqua nelle sue diverse forme e movimenti, il rapporto del 2023 mostra un quadro piuttosto allarmante: la disponibilità complessiva di risorse idriche è scesa del 18,4% rispetto alla media storica dal 1951 e di quasi il 16% rispetto ai dati degli ultimi trent’anni. Sono numeri che ci parlano di una realtà difficile, in cui l’acqua, risorsa essenziale, si sta riducendo sensibilmente.
Due sono i fattori principali di questa crisi idrica: da una parte la carenza di precipitazioni, che ha colpito mesi cruciali come febbraio, marzo, settembre e dicembre; dall’altra, l’aumento dell’evaporazione, un fenomeno in crescita soprattutto nelle superfici d’acqua, sul terreno e persino nella vegetazione, dove le alte temperature hanno amplificato la cosiddetta evapotraspirazione. Se osserviamo i dati regionali, vediamo che la Sicilia ha registrato uno dei valori di pioggia più bassi, con appena 565,5 mm in un intero anno, mentre il Friuli Venezia Giulia ha raggiunto il massimo con ben 1750 mm. La Puglia è la regione che soffre di più, con una disponibilità d’acqua naturale che non arriva a 100 mm, un dato che è quasi la metà rispetto al suo valore storico.
Nonostante questo quadro complessivo negativo, nel 2023 c’è stato un incremento del 28,5% di piogge rispetto al 2022, grazie soprattutto a un mese di maggio molto piovoso che ha portato 163 mm di pioggia, pari a circa 49 miliardi di metri cubi. Tuttavia, questa pioggia aggiuntiva non è stata sufficiente a bilanciare la mancanza d’acqua registrata negli altri periodi dell’anno. Di fatto, l’incremento non ha avuto un impatto risolutivo, e il problema dell’acqua resta critico.
Parte di questa acqua non è stata trattenuta dal terreno e non è riuscita a ricaricare gli acquiferi. Solo 53 miliardi di metri cubi sono stati assorbiti nel sottosuolo, pari al 19% delle precipitazioni totali, mentre una percentuale considerevole è andata persa attraverso l’evapotraspirazione. Questa ha raggiunto il 59,4% delle precipitazioni, sottolineando come il caldo estremo abbia avuto un impatto determinante nel ridurre la disponibilità d’acqua.
Il rapporto ISPRA fa emergere un quadro che richiama all’attenzione soprattutto nelle regioni del Sud, dove l’impatto della siccità è stato – e resta – pesante. Risulta chiaro che la gestione dell’acqua, oggi più che mai, è una sfida complessa e urgente.