L’industria automobilistica italiana è in crisi profonda. Probabilmente stiamo vivendo una delle peggiori nella sua storia. Con meno di 500.000auto prodotte quest’anno siamo ai minimi storici dal 1956. Quali sono le cause di questa de-industrializzazione così accelerata e tanto forte? Non ce ne è solo una. Influiscono lo stop imposto ai motori a combustione dal 2035 e la crescente concorrenza cinese sul mercato europeo. Si aggiungono poi oltre 30 anni di declino produttivo sono solo alcune delle ragioni. Stellantis, unico grande produttore rimasto in Italia, ha ridotto la produzione invece di aumentarla. Anche dopo le richieste del governo di raggiungere almeno un milione di veicoli, ha preferito tagliare. C’è poi la concorrenza cinese, con auto elettriche a basso costo, che ha spinto l’UE ad introdurre dazi fino al 35%. I dazi però non stanno avendo per ora gli effetti sperati, anzi. Senza una risposta decisa, l’Italia rischia di perdere un altro pilastro industriale, e con esso migliaia di posti di lavoro.
Costi di produzione e investimenti strutturali mancanti nell’industria
La competitività italiana è frenata da vari fattori. Il costo del lavoro in Italia non è tra i più alti d’Europa (29 euro l’ora contro i 35 della Francia e i 44 della Germania), ma Stellantis preferisce paesi come Spagna e Polonia, dove produrre è ancora più conveniente. Anche la produttività degli stabilimenti italiani risulta insufficiente. La causa non è tanto nei lavoratori, quanto nella scarsa efficienza degli impianti. La logistica e il costo dell’energia, che in Italia è il più alto d’Europa, inoltre, pesano sui costi di produzione e frenano la crescita dell’industria.
Servono soluzioni rapide e innovative per ridurre questi costi. Ad esempio, l’adozione di energie rinnovabili non legate al prezzo del gas potrebbe aiutare a contenere le spese energetiche, ma richiederebbe un cambio di passo nella politica dell’industria. La cancellazione dei 4,6 miliardi destinati al settore automotive nella scorsa legge di Bilancio ha segnalato l’assenza di un piano strategico a lungo termine. Il settore auto italiano ha davvero il tempo di aspettare? O servono interventi immediati e investimenti mirati per salvare un settore che è sempre stato centrale per l’economia del Paese?