Apple si trova al centro di una nuova polemica. Nello specifico, la Commissione Europea ha accusato l’azienda di Cupertino di discriminare gli utenti europei. Il motivo sono le restrizioni di geo-blocking. Quest’ultime, secondo quanto riportato, ostacolerebbero l’accesso equo ai servizi digitali di Apple. L’indagine, condotta dalla Rete di Cooperazione per la Protezione dei Consumatori, in collaborazione con la Commissione, ha rilevato che l’azienda avrebbe limitato l’accesso ai suoi Media Services. Tra cui App Store, iTunes, Apple Music. Apple Books e Podcasts. Violando, in tal modo, il Regolamento europeo sul geo-blocking.
Apple: le critiche riguardo le opzioni di geo-blocking
Secondo le conclusioni dell’indagine, l’azienda di Cupertino impone limitazioni legate alla residenza degli utenti. Quest’ultime restringono l’accesso agli utenti europei in tre principali modalità. In primis, l’accesso ai servizi digitali di Apple varia in base al paese in cui l’account è stato registrato. Ciò rende difficile il cambio di impostazione. Si tratta di una violazione delle normative europee, che mirano a garantire la parità di accesso a tutti i consumatori.
Un secondo problema riguarda i metodi di pagamento. Apple permette di utilizzare solo carte di credito o di debito rilasciate nel paese di registrazione degli account degli utenti. Tale restrizione penalizza chi si trova temporaneamente in un altro paese dell’UE. Nel dettaglio, viene limitata la possibilità di usare carte emesse all’estero e ostacolando l’accesso a servizi che potrebbero comunque essere legittimamente acquistati all’interno dell’Unione.
Infine, gli utenti dell’azienda di Cupertino non possono accedere ad applicazioni disponibili negli app store di altri paesi europei. Tale limitazione è particolarmente problematica, perché impedisce loro di scaricare app locali mentre si trovano in un paese diverso da quello di registrazione. Limitando così la libertà di accesso ai contenuti digitali in tutta Europa. In risposta, la Commissione Europea ha dato ad Apple un termine di trenta giorni per fornire chiarimenti e proporre modifiche per allinearsi alle normative europee.