La pressione esercitata dall’ingresso aggressivo di modelli cinesi a basso costo nel mercato europeo ha accentuato la necessità per VW di rimanere competitiva. Secondo un memo interno, l’azienda sta pianificando una serie di trattative sindacali per rispondere al taglio salariale del 10% con richieste di aumenti del 7%.
La quota globale di ricavi destinata ai costi del lavoro è scesa dal 18,2% nel 2020 al 15,4% nel 2023. Tale calo non sembra bastare. I dati, infatti, restano ancora elevati rispetto ai concorrenti BMW, Mercedes-Benz e Stellantis, le cui percentuali oscillano tra il 9,5% e l’11%.
In Germania, dove Volkswagen impiega circa il 45% della sua forza lavoro, i costi salariali
raggiungono una media di 62 euro l’ora. Tale valore li rende i più alti del settore automobilistico globale. Nonostante ciò, i sindacati sottolineano come il costo del lavoro rappresenti solo una parte dei costi complessivi. Per tale motivo si invita l’azienda a identificare altre aree di ottimizzazione. La produzione interna di molti componenti e software, pur essendo un punto di forza, contribuisce a mantenere alti i costi fissi. In un momento in cui la concorrenza asiatica impone una maggiore efficienza.La crisi di Volkswagen riflette un problema più ampio di competitività industriale in Germania. Quest’ultimo è aggravato dai costi elevati di energia, materiali e personale. Il capo del marchio VW, Thomas Schäfer, ha dichiarato che i siti tedeschi sono troppo costosi, con differenze di spesa fino al 50% rispetto alla concorrenza. Per confronto, il costo orario del lavoro in paesi come Italia, Spagna e Francia, dove Stellantis e Renault operano, è nettamente inferiore.