L’esperimento ha coinvolto oltre 1.600 partecipanti. Quest’ultimi hanno visualizzato una selezione di poesie. Tra cui testi di autori classici, come William Shakespeare, a composizioni di ChatGPT. Il risultato è stato sorprendente. Molti lettori non sono stati in grado di distinguere le creazioni umane da quelle prodotte dall’AI.
Inoltre, lo studio ha evidenziato una sfumatura interessante. Le poesie generate dall’AI sono state percepite come più semplici e accessibili rispetto a quelle dei grandi poeti. Tale semplicità è stata spesso scambiata per autenticità. Ciò ha portato i lettori a preferire inconsapevolmente le opere artificiali
.Un secondo esperimento ha esplorato come la conoscenza dell’origine dei testi influisca sul giudizio. Quando i partecipanti sapevano che le poesie erano create dall’AI, tendevano a valutarle meno positivamente. Tale fenomeno evidenzia un bias culturale legato all’autenticità artistica, spesso associata al tocco umano.
I risultati ottenuti sollevano questioni cruciali sul valore dell’autore nell’arte. Se un’intelligenza artificiale può replicare gli schemi poetici umani e persino superarli in alcuni aspetti, è necessario ridefinire il concetto di creatività? L’AI, con la sua capacità di produrre contenuti semplici e maggiormente comprensibili, potrebbe democratizzare l’arte. Potrebbe però esserci un costo: la standardizzazione della sua profondità.
Il dibattito si concentra anche sul significato dell’arte come espressione intrinsecamente umana. Le AI si basano su dati preesistenti, mentre l’ispirazione è una qualità propria dell’uomo. Eppure, se il pubblico non distingue tra umano e artificiale, il valore dell’arte potrebbe risiedere più nella percezione che nella sua origine.