I lavori delle fabbriche in Arizona sono in ritardo rispetto al programma iniziale. Inoltre, il budget previsto è stato superato. Inoltre, la produzione di chip a 4nm, inizialmente attesa per il 2024, è stata posticipata. La situazione potrebbe portare ad aumenti. Quest’ultimi potrebbero scoraggiare i partner dall’usare chip americani rispetto a quelli taiwanesi.
Un aspetto cruciale è la legislazione taiwanese. Quest’ultima tutela il ruolo centrale di Taiwan nell’industria globale dei semiconduttori. La normativa prevede che i nodi produttivi più avanzati, come i 2 nm, siano inizialmente utilizzati solo nelle fabbriche situate a Taiwan. Solo quando un nodo più avanzato entra in produzione, la tecnologia meno recente può essere trasferita all’estero. Di conseguenza, le fabbriche americane rimarranno sempre in ritardo di due o tre anni. Tale ritardo tecnico potrebbe limitare l’efficacia del CHIPS Act nel garantire la supremazia tecnologica americana.
Le tensioni non mancano nemmeno sul fronte occupazionale. TSMC ha trasferito negli Stati Uniti almeno 500 dipendenti taiwanesi. Scelta che ha alimentato controversie sulla reale capacità del progetto di favorire la manodopera locale. In tale contesto, il futuro dei semiconduttori americani dipenderà dalla capacità di TSMC e del governo USA di superare suddetti ostacoli e mantenere una posizione competitiva. Tutto ciò in un mercato altamente strategico e sempre più conteso.