A quanto pare per la nota azienda dietro Steam, Valve, gli ultimi giorni non sono stati dei migliori, sembra infatti che un tribunale degli Stati Uniti abbia concesso lo status di class action Ad una causa intentata da parte di Wolfire studios e Dark Catt Studios, la decisione arriva dal giudice distrettuale Yamal Whitehead che ha trasformato una disputa legale in un qualcosa di molto più grande.
Una class action che potrebbe cambiare tutto
La class action si applicherà a tutti gli sviluppatori, editori o individui che hanno pagato una commissione a Valve per la vendita di Giochi in un periodo che va dal 28 gennaio 2017 in poi, questo contenzioso prende in considerazione una commissione del 30% che l’azienda di distribuzione di videogiochi ha trattenuto su ogni acquisto effettuato sulla piattaforma.
Il tutto ha avuto inizio quando Wolfire Studios aveva fatto causa all’azienda nell’aprile 2021, sostenendo che questo 30% di trattenuta Costituisse una pratica anticoncorrenziale, dopo un primo rigetto, lo studio in questione ha aggiornato e migliorato le proprie argomentazioni ripresentando la causa a maggio 2022, parallelamente intanto anche Dark Cart Studios aveva avviato una propria azione legale sempre contro Valve, nello specifico a giugno 2021, ecco dunque che un’ordinanza del tribunale arrivata a luglio 2022 ha poi stabilito di consolidare le due cause in un’unica azione legale.
La trasformazione di questa causa legale in una class action Potrebbe avere delle ripercussioni per quanto riguarda il mondo video ludico davvero impressionanti, il modello di trattenuta di Valve è infatti diventato uno standard per quanto riguarda la distribuzione di videogame, ciò significa che questa causa legale potrebbe stravolgere degli equilibri ormai strutturati.
Effettivamente da un po’ di anni gli sviluppatori indipendenti avevano iniziato a lamentare delle accuse verso questa pratica dal momento che tale percentuale era ritenuta eccessiva soprattutto per i piccoli studi che faticavano a generare profitti significativi, si tratta dell’ennesima accusa mossa in un contesto dove tante grandi aziende negli ultimi anni si sono viste muovere critiche importanti, un esempio sono Apple e Google che sono stati oggetto di simili controversie proprio recentemente in merito alle commissioni nei loro Store.