Negli archivi digitali dei giornali si trovano le storie di milioni di persone, da quelle più note a quelle comuni, accomunate dall’essere finite almeno una volta sulle pagine delle notizie. Questo enorme patrimonio di dati personali, che va oltre i semplici articoli, è ora al centro di un acceso dibattito. Il motivo? Un accordo tra il Gruppo Gedi e OpenAI che potrebbe usare questi contenuti per alimentare sistemi di intelligenza artificiale. Una prospettiva che ha fatto scattare più di un campanello d’allarme, soprattutto per la questione della privacy.
La partnership tra il Gruppo Gedi e OpenAI
Gedi, che pubblica giornali di spicco come Repubblica, La Stampa e HuffPost, ha coinvolto le sue società controllate, come Gedi News Network e Gedi Digital, in questo accordo. Ma non tutti sono convinti che sia una buona idea. Il Garante per la privacy ha deciso di indagare, per capire se questa collaborazione rispetti davvero le rigide norme europee sulla protezione dei dati personali. Il punto critico è che alcuni dei dati trattati potrebbero essere sensibili, per esempio quelli legati a questioni giudiziarie, che il Regolamento europeo (noto come GDPR) tutela in modo particolare.
Il Garante ha già inviato un avvertimento a Gedi, evidenziando che condividere questi contenuti potrebbe violare le leggi europee. Non è solo una questione di norme: la gestione scorretta dei dati potrebbe minare la fiducia del pubblico nei confronti delle testate, e nessuno vuole un calo di credibilità.
Dal canto suo, Gedi ha cercato di calmare le acque, spiegando che l’accordo con OpenAI non prevede la vendita di dati personali, ma solo la condivisione di contenuti editoriali per sperimentare nuove soluzioni basate sull’IA. Inoltre, ha precisato che il progetto non è ancora partito e che ogni passaggio rispetterà i diritti delle testate. Tuttavia, il tema resta caldo, e la questione della privacy continua a sollevare dubbi e alimentare il dibattito pubblico.