L’industria delle auto italiana attraversa una crisi che sembra non finire mai. Le dimissioni di Carlos Tavares, CEO di Stellantis, ne sono solo l’ultimo e più recente segnale. Dal 1990 al 2024, la produzione in Italia è infatticrollata da 2 milioni a 500.000 unità annue. Questo ribasso tanto considerevole del 75% è sintomo di un grave arretramento economico e industriale. Negli anni ’90, il settore automobilistico contribuiva all’8,5% del PIL nazionale.
Oggi questa percentuale si è fermata al 4,5%. Parallelamente, sono stati persi quasi 200.000 posti di lavoro. Un dato che non è solo economico, ma sociale, colpendo intere comunità legate all’automotive. Come si è arrivati a questo punto? La delocalizzazione ha giocato un ruolo chiave. Cosa si intende? Molte aziende hanno spostato la produzione in altri Paesi, dove i costi del lavoro sono più bassi. La crisi finanziaria del 2008 ha ulteriormente aggravato la situazione. Mentre altre nazioni europee hanno reagito con piani industriali efficaci, l’Italia è rimasta senza una strategia chiara.
La sfida della transizione nel settore auto
Nel 2015, il Dieselgate ha cambiato il volto dell’automotive europeo. Normative ambientali sempre più stringenti hanno imposto una rapida transizione verso l’elettrico. L’Italia, però, è arrivata in ritardo. La mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo ha penalizzato la competitività del settore. Il mercato, intanto, è cambiato profondamente. La domanda di auto di fascia medio-bassa, storicamente cuore della produzione italiana, si è ridotta. Costruttori giapponesi e cinesi hanno guadagnato terreno grazie a proposte innovative e sostenibili. Le crisi globali recenti, dalla pandemia alla carenza di semiconduttori, hanno rallentato ulteriormente una produzione già fragile. Gli impianti italiani funzionano a scartamento ridotto, molti operai sono in Cassa integrazione da mesi.
La transizione energetica rappresenta una sfida enorme. Ma l’Italia può davvero affrontarla senza una politica industriale adeguata? Per invertire la rotta, servono investimenti sostenibili e una visione di lungo termine. La formazione di una forza lavoro specializzata è essenziale. Il futuro dell’industria automobilistica italiana resta incerto. La speranza di un rilancio esiste, ma il tempo stringe. Riuscirà il settore a risollevarsi o il declino è irreversibile? La risposta dipenderà dalle scelte che verranno fatte da qui in poi.