Cuore artificiale permanente: una rivoluzione per la cardiologia

La medicina sta facendo passi da gigante, e questa volta la notizia arriva dalla cardiologia. Mediante diversi studi e una fase di sviluppo promettente, si profila via via l’ipotesi dell’utilizzo nella medicina moderna di un cuore artificiale permanente.

Questa novità potrebbe cambiare la vita a diverse persone, soprattutto a chi necessita di una soluzione stabile e affidabile. Dispositivi di questo genere erano stati presi in considerazione fino ad oggi solo per coloro che attendevano un trapianto. Adesso invece grazie all’azienda francese Carmat, tutto ciò potrebbe diventare una scelta definitiva per chi soffre di insufficienza cardiaca grave.

Cuore artificiale permanente: un progetto ambizioso in fase di sperimentazione

Entro il 2025, Carmat inizierà i primi impianti sperimentali di questo cuore artificiale permanente. La produzione è complessa e richiede tempo: ogni dispositivo viene assemblato in circa due mesi in uno stabilimento vicino Parigi, dove un team di esperti lavora senza sosta. Nonostante il supporto della tecnologia, molte fasi del processo dipendono ancora dall’abilità umana. L’obiettivo per il prossimo anno è produrre 500 unità all’anno, cercando di ridurre i tempi di attesa.

Tecnologia all’avanguardia, direttamente dal settore militare

A cambiare tutto è una scheda elettronica avanzata. Questa, sviluppata in collaborazione con un’azienda italiana specializzata in tecnologie satellitari, è in grado di resistere a usura e deterioramento.

In questo modo il cuore artificiale sarà più affidabile e adatto a essere utilizzato in modo permanente. Chiaramente il costo da sostenere, almeno per il momento, risulta proibitivo per la maggior parte delle persone: il prezzo è di 200.000 €.

Successi in Italia e una sfida culturale da vincere

Dal suo debutto nel 2013, il cuore artificiale di Carmat è stato impiantato con successo in 84 pazienti in Europa e 3 negli Stati Uniti. Anche l’Italia ha registrato quattro interventi riusciti, a Napoli, Milano e Roma. Tuttavia, come spiega il dottor Claudio Francesco Russo del Niguarda di Milano, esiste ancora una certa resistenza culturale verso questi dispositivi, sia tra i pazienti sia tra i medici. Informare e sensibilizzare sarà fondamentale per favorire una maggiore accettazione.

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