Una splendida notizia arriva dal mondo medico, dove gli scienziati stanno testando il microchip PRIMA per chi è affetto da malattie oculari.

Un microchip retinico rivoluzionario sta offrendo nuove speranze ai pazienti affetti da atrofia geografica, una forma avanzata di degenerazione maculare senile che compromette gravemente la vista. A un anno dall’impianto, 38 pazienti precedentemente non vedenti hanno registrato miglioramenti significativi, tanto che il professor Andrea Cusumano, direttore scientifico del progetto in Italia, ha definito i risultati come una vera svolta nel trattamento della cecità.

 

Come funziona il microchip Prima

Il microchip PRIMA, protagonista dello studio clinico PRIMAvera condotto da Science Corporation e presentato al congresso internazionale “Brain & Chip ’24“, ha dimostrato la sua efficacia nel migliorare l’acuità visiva. I pazienti hanno ottenuto un miglioramento medio di 4-5 righe nella lettura, con alcuni che sono riusciti a recuperare fino a 11-12 righe. Questo progresso ha permesso loro di tornare a svolgere attività essenziali come leggere e riconoscere i volti, funzioni che erano ormai perdute.

L’innovazione tecnologica alla base di PRIMA è sorprendente. Il microchip, grande quanto un terzo di un capello, è completamente wireless e si collega a un paio di occhiali dotati di una mini-fotocamera. Questa cattura le immagini e le invia a un computer tascabile, che le trasforma in impulsi luminosi. Il microchip converte poi questi segnali in impulsi elettrici che stimolano la corteccia visiva, permettendo così al paziente di percepire la luce e le immagini in modo funzionale.

Le potenzialità di questo sistema sono immense. La degenerazione maculare senile, che colpisce oltre un milione di persone in Italia e rappresenta la prima causa di cecità legale nel mondo occidentale, potrebbe essere solo il primo ambito di applicazione. In futuro, il dispositivo potrebbe essere utilizzato anche per trattare altre malattie oculari come la retinite pigmentosa, ampliando così l’orizzonte terapeutico.

Si stima che in Italia circa 20.000 pazienti potrebbero beneficiare di questa tecnologia, mentre a livello globale il numero potrebbe raggiungere gli 8 milioni. Questo intervento segna una svolta storica, aprendo nuove prospettive per chi convive con gravi patologie della retina e offrendo una concreta speranza di miglioramento della qualità della vita.

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