ADSL più care dal prossimo anno, il motivo è chiaro

Anno nuovo, vita nuova. Certo, questo è il mantra che le persone si ripetono ogni fine d’anno, ma questa volta ci sarà un cambiamento importante: le connessioni ADSL potrebbero costare fino al 10% in più. Questa ipotesi deriva da un emendamento alla legge di bilancio 2025, proposto da Fratelli d’Italia, che mira a incentivare la diffusione della fibra ottica aumentando i costi delle connessioni in rame. Se approvato, l’aumento scatterebbe dal 1° gennaio 2025, con i ricavi destinati a un fondo per accelerare la transizione tecnologica.

Un aumento che pesa: l’ADSL costerà di più

L’emendamento non menziona esplicitamente che i costi aggiuntivi saranno trasferiti direttamente ai consumatori, ma le probabilità che gli operatori internet decidano di assorbirli sembrano scarse. Questo provvedimento rischia di gravare maggiormente sulle famiglie e le imprese che vivono in aree non ancora raggiunte dalla fibra, costrette a pagare di più per una tecnologia considerata ormai superata.

Secondo l’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), l’aumento si traduce in una tassa indiretta per consumatori e aziende, penalizzando ulteriormente le aree meno servite e complicando la situazione per gli operatori che già affrontano margini ridotti. Federconsumatori, invece, sottolinea che molte zone del Paese non dispongono ancora di una copertura a banda larga adeguata, e che questa misura potrebbe creare ulteriori disagi senza un piano di implementazione chiaro.

La transizione verso la fibra

L’obiettivo dichiarato del governo è eliminare completamente le connessioni in rame entro il 2028, ma le critiche si concentrano sul metodo scelto per finanziare questa transizione. Le associazioni di categoria chiedono la rimozione dell’emendamento, ritenendolo inadeguato per affrontare le sfide strutturali della connettività italiana.

Uno scenario ancora incerto

Non è ancora chiaro se l’emendamento verrà approvato nella sua forma attuale. Se confermato, potrebbe aprire nuovi dibattiti sulla gestione delle infrastrutture digitali nel Paese e sull’equità di provvedimenti che incidono su milioni di utenti. Per ora, resta da vedere se il governo terrà conto delle proteste o andrà avanti per la sua strada.

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