HuaweiFinalmente sappiamo come è fatto il Kirin 9020, il chip che alimenta i nuovi smartphone della serie Huawei Mate 70. Il fatto, però, è sempre lo stesso: il produttore cinese, un tempo leader del mercato, è tagliato fuori dai componenti occidentali a causa delle sanzioni USA.

Ecco ciò che sappiamo

Infatti, Huawei ha dovuto faticare moltissimo per portare il 5G sui suoi smartphone, oltre che la causa dell’arretratezza dei SoC montati dai suoi top di gamma, che sono indietro di diverse generazioni. Il nuovo SoC era stato oggetto di diverse speculazioni: secondo alcune fonti, Huawei sarebbe riuscita a farsi beffe delle sanzioni americane, riuscendo a produrre un chip a 6nm nonostante non possa accedere ai macchinari EUVL, cioè quelli che sfruttano la litografia ultravioletta estrema. Ora, però, sappiamo con certezza che non era vero niente

La società TechInsights ha messo sotto la lente d’ingrandimento il chip del Mate 70 Pro Plus, rivelando che l’architettura è rimasta pressoché invariata rispetto a quella del chip che alimentava i Mate 60 usciti un anno fa. Il cuore dei nuovi dispositivi è il Kirin 9020, dunque non il 9100, che non è stato realizzato a 6nm, come immaginato fino a poco fa. Al contrario, il chip mantiene un’architettura a 7nm.

La differenza è che SMIC questa volta è riuscita a fare un importante lavoro di affinamento del floor plan, ottimizzando prestazioni ed efficienza, aspetti sempre cruciali in un contesto dove miniaturizzazione e densità dei transistor incidono sui risultati finali. Il Kirin 9020 è del 15% più ampio rispetto al Kirin 9010 di Mate 60 Pro e sfrutta un nuovo equilibrio tra spaziatura dei transistor e potenza complessiva.

Il fatto, chiaramente, evidenzia che le sanzioni statunitensi continuano a fare male alla filiera cinese, costretta a ricorrere a soluzioni creative per ottenere i risultati migliori nonostante le tante restrizioni che, unite all’impossibilità di ottenere le apparecchiature olandesi per la litografia EUV, hanno spinto i fornitori cinesi a ricorrere a soluzioni più complesse e meno efficienti pur di migliorare la densità dei transistor. Il traguardo raggiunto con il Kirin 9010 e ora con il Kirin 9020, entrambi a 7 nanometri, è riuscire a mantenere un livello di prestazioni accettabile in contesti limitati dalle condizioni di mercato.

Un risultato davvero lodevole senz’altro, ma che purtroppo rischia di non essere sufficiente per far tornare Huawei competitiva nel mercato degli smartphone di fascia premium.

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