L’azienda è una delle pochissime ad operare con un modello completamente integrato. In tal modo, Intel progetta e produce i propri chip. Tale approccio è sempre più raro. La maggior parte delle aziende di semiconduttori adotta un modello “fabless”. Ciò permette loro di concentrarsi solo sulla progettazione e affidandosi a produttori specializzati come TSMC per la realizzazione fisica dei chip. Quest’ultimo modello ha dimostrato di essere estremamente efficace.
La difficoltà di Intel a tenere il passo con TSMC. Ciò sia in termini di performance
dei chip che di capacità produttiva, ha alimentato il dibattito interno su una possibile riorganizzazione. Già sotto la guida di Gelsinger, Intel Foundries era stata separata come divisione autonoma. Pur rimanendo sotto il controllo della casa madre. Ora, la possibilità di vendere tale divisione solleva interrogativi strategici. Da un lato, liberarsi delle fonderie permetterebbe ad Intel di concentrarsi sulla progettazione e migliorare la propria redditività. Dall’altro, tale scelta comporterebbe difficoltà legate al CHIPS Act. Un programma del governo statunitense che ha erogato ingenti fondi a Intel per potenziare la produzione di semiconduttori sul suolo americano. La vendita potrebbe obbligare l’azienda a restituire parte di tali finanziamenti, complicando ulteriormente la situazione.La sfida per Intel è decidere come reinventarsi in un settore sempre più competitivo. Da un lato la vendita delle fonderie potrebbe sembrare una soluzione pragmatica per risanare i conti. Dall’altro rappresenta una rinuncia a un elemento distintivo della sua identità storica.