Offendere qualcuno su WhatsApp può andare oltre il semplice comportamento inappropriato, può infatti diventare un vero e proprio reato punibile dalla legge. Ma chiariamo cosa si intende per diffamazione. Questa si verifica quando una persona viene denigrata in sua assenza attraverso comunicazioni dirette a più destinatari. Però per essere identificata reato, devono esservi alcune condizioni essenziali. In primo luogo, la vittima non deve essere presente o connessa al momento in cui il messaggio offensivo viene inviato. In più il contenuto deve raggiungere almeno due persone. Poiché in una chat privata tra due soli individui non si parla di diffamazione, ma di ingiuria.
Dal 2016, l’ingiuria non è più un reato penale in Italia, bensì un illecito civile. In tal caso, la persona offesa può soltanto richiedere un risarcimento danni in sede civile. Invece, quando l’insulto viene diffuso in una chat di gruppo su WhatsApp, può trattarsi di un reato di diffamazione semplice. Ciò perché, pur coinvolgendo più persone, tale piattaforma è considerata uno strumento di comunicazione più “privato”,
a differenza dei social network.Le conseguenze legali variano anche in funzione della piattaforma utilizzata. La Corte di Cassazione, con la sentenza 42783/2024, ha stabilito che diffamare su WhatsApp non comporta mai l’aggravante del mezzo di pubblicità, nemmeno nei gruppi numerosi. Tale aggravante, invece, si applica quando il contenuto offensivo viene diffuso su social come Facebook, Instagram o X. Poiché il messaggio può raggiungere un pubblico indeterminato e amplificare l’offesa.
Per la diffamazione su WhatsApp, la pena può consistere in una multa fino a 1.032€ o nella reclusione fino a un anno. Nei casi di diffamazione aggravata tramite social network, le sanzioni sono decisamente più pesanti. La differenza principale risiede dunque nella natura dei mezzi. In quanto tali piattaforme rendono il messaggio accessibile a chiunque, aggravando, ancora di più, il danno alla reputazione della vittima.