La disputa tra TikTok e il governo degli Stati Uniti ha raggiunto un momento cruciale: la Corte Suprema ha deciso di esaminare direttamente il caso, fissando un’udienza per il 10 gennaio 2024. La decisione finale potrebbe determinare se la piattaforma social potrà continuare a operare negli USA o se ByteDance, l’azienda cinese che la possiede, sarà costretta a venderla per evitare un divieto totale sul territorio americano.
Tutto ruota attorno al Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act, una legge che punta a limitare l’influenza di potenze straniere, in questo caso la Cina, sulle applicazioni utilizzate dai cittadini americani. Secondo il Dipartimento di Giustizia, TikTok rappresenta un rischio concreto per la sicurezza nazionale, soprattutto per il trattamento dei dati degli utenti. Dall’altra parte, TikTok e un gruppo di creator hanno ribattuto che questa legge rappresenta una violazione del Primo Emendamento, che tutela la libertà di espressione.
La situazione è resa ancora più tesa dal tempismo: l’udienza si svolgerà appena una settimana prima che il possibile bando possa entrare in vigore. La Corte Suprema, tuttavia, ha preferito non anticipare alcuna decisione sulla sospensione della legge, rimandando tutto a dopo le discussioni orali.
Anche la politica gioca un ruolo importante in questa vicenda. Donald Trump, durante la sua campagna elettorale, ha più volte utilizzato TikTok come strumento per raggiungere i giovani elettori, lasciando intendere di essere favorevole alla sua permanenza sul mercato americano. Tuttavia, le sue posizioni sono apparse più ambigue dopo le elezioni, lasciando spazio a speculazioni su quale sarà il suo reale contributo nella vicenda.
Intanto, TikTok continua a difendere la sua posizione con forza. Con oltre 170 milioni di utenti negli Stati Uniti, la piattaforma non è solo un luogo di svago e intrattenimento, ma anche uno spazio vitale per creator, imprenditori e piccole imprese che la utilizzano per promuoversi e raggiungere nuovi clienti. Un divieto avrebbe un impatto economico significativo, colpendo non solo l’azienda stessa, ma anche migliaia di utenti che dipendono da essa per lavoro e visibilità.
L’ipotesi di una vendita forzata, inoltre, complica ulteriormente il quadro. Il governo cinese ha già dimostrato di non essere disposto a cedere facilmente tecnologie strategiche a società straniere, rendendo questa opzione tutt’altro che semplice da realizzare.
Il presidente eletto avrà comunque la possibilità di concedere una proroga di 90 giorni prima dell’entrata in vigore effettiva del divieto, ma questo potrebbe non essere sufficiente per risolvere una questione così intricata. La decisione della Corte Suprema, quindi, non influenzerà solo TikTok, ma potrebbe stabilire un precedente significativo per il futuro delle applicazioni straniere negli Stati Uniti e per l’equilibrio tra sicurezza nazionale e libertà individuali nel mondo digitale.