WhatsApp ha segnato una vittoria epocale nella difesa della privacy digitale contro NSO Group, la società israeliana responsabile dello spyware Pegasus. Dopo un lungo confronto legale di cinque anni, il tribunale statunitense ha stabilito che NSO Group è colpevole di aver violato la sicurezza di circa 1.400 dispositivi appartenenti agli utenti della piattaforma di messaggistica. La decisione della giudice Phyllis Hamilton ha sancito che l’azienda ha infranto sia il Computer Fraud and Abuse Act (CFAA) federale che il California Comprehensive Computer Data Access and Fraud Act (CDAFA), oltre ad aver disatteso i termini di servizio di WhatsApp.
WhatsApp vs. Pegasus: vince la privacy degli utenti
Pegasus, al centro della disputa, è stato introdotto nel 2011 come strumento di sorveglianza destinato a supportare governi nella lotta contro criminalità e terrorismo. Tuttavia, si è presto rivelato un’arma tecnologica controversa e pericolosa, in grado di spiare messaggi, chiamate e dati personali senza lasciare tracce visibili. Lo scandalo è scoppiato quando è emerso che alcuni governi utilizzavano il software non solo per scopi legittimi, ma anche per monitorare giornalisti, attivisti e oppositori politici. Questo uso improprio ha sollevato gravi questioni etiche sull’uso di tecnologie così invasive.
La sentenza rappresenta un punto fermo contro la proliferazione di spyware. Un passaggio cruciale del processo si è concentrato sul codice sorgente di Pegasus, che il tribunale aveva ordinato a NSO Group di condividere con WhatsApp all’inizio del 2024. L’azienda ha tuttavia imposto condizioni restrittive, rendendone la consultazione quasi impossibile. Tale comportamento ha influito sulla decisione di imporre sanzioni.
Nel tempo, Pegasus è diventato sempre più sofisticato. Dalla diffusione tramite link malevoli, oggi sfrutta vulnerabilità “zero-day“, ovvero falle sconosciute nei sistemi operativi. Questo lo rende ancor più insidioso e difficile da rilevare. La sentenza contro NSO Group, celebrata da Will Cathcart di WhatsApp come un traguardo per la privacy, rafforza il messaggio che la sorveglianza illegale non sarà più tollerata. Un precedente importante nella lotta per un internet più sicuro e trasparente.