Al centro della proposta c’è l’introduzione di un sistema di selezione più flessibile. Quest’ultimo permetterà agli Chrome di scegliere un diverso motore di ricerca ogni 12 mesi. Promuovendo, in tal modo, una maggiore varietà nel panorama digitale. Tale misura, secondo Google, sarebbe volta a garantire una concorrenza più equa. Concedendo, allo stesso tempo, più libertà agli utenti.
Un altro aspetto cruciale riguarda i produttori di dispositivi Android. La proposta prevede che quest’ultimi possano pre-installare più motori di ricerca senza vincoli. Tale apertura potrebbe facilitare l’adozione di soluzioni diversificate
da parte dei consumatori, promuovendo un ecosistema tecnologico meno dominato dalle offerte di Google.Nonostante la volontà di collaborazione, l’azienda di Mountain View mantiene una posizione critica nei confronti delle accuse mosse. A tal proposito, Google ha già annunciato l’intenzione di presentare appello. Dimostrando di voler difendere il proprio modello di business davanti alla Corte.
Il caso segna un punto di svolta. In particolare, per il dibattito sull’equilibrio tra innovazione e regolamentazione. Da un lato le proposte di Google rappresentano un passo verso una maggiore trasparenza e flessibilità. Dall’altro emergono interrogativi su quanto le autorità governative siano pronte a intervenire in tale settore. Quest’ultimo, infatti, risulta sempre più complesso e interconnesso. La prossima udienza, prevista ad aprile, potrebbe delineare il futuro delle relazioni tra aziende e regolatori.