Il passato dei videogiochi arcade ritorna in vita grazie al lavoro straordinario degli sviluppatori del Multiple Arcade Machine Emulator (MAME). Questo software open-source, lanciato nel 1997, permette di emulare oltre 3.700 macchine arcade risalenti fino al 1979. Salvaguardando così un’epoca fondamentale della storia del gaming.
Preservare i giochi però non è un’impresa semplice. Davvero interessante in questo contesto e uno studio recente condotto dai ricercatori Kristofer Erickson e Felix Rodriguez Perez in collaborazione con il CREATe Centre dell’Università di Glasgow. Quest’ ultimo ha rivelato l’enorme sforzo richiesto per aggirare le Misure di Protezione Tecnologica (TPM) incorporate in 712 giochi.
MAME: le sfide legali e il rischio per la memoria digitale
Superare queste barriere richiede in media 10,6 mesi per ogni titolo, per un totale di 628 anni di lavoro. I sistemi di protezione, sviluppati per impedire copie non autorizzate, risultano ancora efficaci nonostante siano stati progettati decenni fa. Tra le difficoltà maggiori figurano chip crittografati, unità di controllo della memoria e persino i cosiddetti “suicide chips”. I quali si autodistruggono quando la batteria interna si esaurisce. Queste tecnologie, considerate all’avanguardia nel passato, oggi rappresentano un ostacolo per gli esperti che lavorano alla conservazione dei giochi.
Anche se gli emulatori come MAME sono pienamente legali, i file di gioco, le cosiddette ROM, sono spesso protetti da leggi sul copyright. La normativa attuale non agevola le istituzioni culturali nel lavoro di conservazione. Costringendole a seguire processi burocratici complessi per accedere a queste opere. Lo studio suggerisce un cambiamento delle politiche, con l’obiettivo di permettere la libera emulazione per scopi storici e culturali.
In un contesto sempre più dominato dal cloud e dai modelli di Software as a Service (SaaS), il rischio di perdere definitivamente materiali digitali cresce. Intervenire per semplificare l’accesso alle opere protette non è solo una questione di preservazione storica, ma un passo fondamentale. Atto a garantire che la memoria culturale del gaming sia accessibile alle generazioni future. Senza un approccio mirato, gran parte del nostro passato digitale rischia così di svanire. Lasciando un vuoto incolmabile nella storia tecnologica e culturale.