sabato, Febbraio 15, 2025

Piracy Shield sotto accusa: cosa c’è che non va?

di Margareth Galletta
2 Minuti lettura

Piracy ShieldLo scorso anno, l’Italia ha introdotto il Piracy Shield. Si tratta di un sistema di blocco progettato per contrastare la pirateria digitale. Quest’ultimo si focalizza soprattutto sulla protezione delle dirette di eventi sportivi. Il sistema è stato presentato come un modello all’avanguardia. Inoltre, promette di bloccare in meno di 30 minuti siti e indirizzi IP associati ad attività illegali. Eppure, ciò che sembrava una soluzione tecnologica avanzata ha presto rivelato diverse criticità. Il Piracy Shield ha sollevato alcuni interrogativi sul suo funzionamento e sull’impatto sulla libertà di espressione e sull’accesso a internet.

Piracy Shield ha ricevuto nuove critiche

Una delle principali preoccupazioni riguarda l’overblocking. Ovvero il blocco involontario di servizi legittimi. È emblematico il caso del 20 ottobre 2024, quando Google Drive è stato oscurato per diverse ore. Altri incidenti simili hanno coinvolto servizi come Cloudflare. Quanto accaduto ha evidenziato i limiti di un approccio basato esclusivamente sul blocco di DNS e IP.

A tal proposito, la Computer & Communications Industry Association (CCIA) ha criticato duramente il sistema. L’azienda rappresenta alcuni giganti tecnologici come Amazon, Google e Cloudflare. In una lettera inviata all’Unione Europea, la CCIA ha definito il Piracy Shield uno strumento sproporzionato. Inoltre, ha evidenziato come l’assenza di adeguati meccanismi di verifica possa trasformare un sistema nato per proteggere il copyright in una minaccia per i diritti digitali. La mancanza di trasparenza è un altro punto dolente. Ciò è aggravato dal fatto che l’accesso al sistema è riservato a pochi titolari di diritti. Tra cui la Serie A, sollevando così dubbi sull’imparzialità delle decisioni.

L’associazione invita l’UE a intervenire, sostenendo che l’Italia abbia violato le norme comunitarie nel non sottoporre il Piracy Shield alla procedura TRIS. Indispensabile per garantire una revisione equa delle normative sugli intermediari online. Considerando lo stato attuale delle cose, la questione rimane aperta. Dunque, il dibattito, sia in Italia che a livello europeo, è destinato a proseguire ancora.

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