Con l’arrivo della riforma del Codice della Strada sono emersi diversi dibattiti. Situazione incentivata anche dal recente intervento della Corte di Cassazione. Quest’ultima è intervenuta sulla validità e l’attendibilità dei test antidroga. Considerato ocome unico elemento per incriminare un conducente. La riforma Salvini del 2024, infatti, ha introdotto misure più severe, rendendo sufficiente un test antidroga positivo per configurare il reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Tale approccio, però, ha sollevato critiche e dubbi riguardo alla necessità di prove concrete. Ciò per poter dimostrare un effettivo stato di alterazione psicofisica.
Test antidroga non sufficienti?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2020/2025, ha evidenziato alcune criticità di tale normativa. Un esempio emblematico è il caso di un automobilista al quale era stata revocata la patente sulla base di un test eseguito sulle urine, risultato positivo. La Corte ha ribadito che un esame di tal tipo non può essere considerato affidabile al 100%. Quest’ultimo, infatti, è in grado di rilevare la presenza di sostanze anche a distanza di tempo dalla loro assunzione. Ciò senza necessariamente indicare un’alterazione attuale delle capacità psicofisiche.
Gli Ermellini hanno posto l’accento sull’importanza di utilizzare metodi più precisi. Tale approccio non solo garantirebbe una maggiore affidabilità dei risultati. Permetterebbe anche di distinguere i casi di reale pericolo per la sicurezza stradale da quelli in cui il conducente non si trova in uno stato di alterazione.
Un altro aspetto centrale sottolineato dalla sentenza riguarda la necessità di un controllo del comportamento del conducente. Oltre ai test tossicologici, è fondamentale valutare segni concreti di alterazione. Come la coordinazione motoria, la lucidità mentale e l’eloquio. Tali elementi, combinati con l’analisi scientifica, offrono un quadro più completo. Inoltre, riducono il rischio di ingiustizie o di sanzioni inflitte a soggetti che non costituiscono un pericolo reale.
La posizione della Cassazione rappresenta un passo importante verso un approccio più giusto. L’obiettivo è punire comportamenti realmente pericolosi senza compromettere i diritti dei cittadini. Salvaguardando la sicurezza stradale e la giustizia.