L’industria musicale sta vivendo una trasformazione senza precedenti. Quest’ultima è spinta dall’ascesa dello streaming. Un tempo il mercato era dominato dalle vendite fisiche e dai download digitali. Oggi lo streaming rappresenta la fonte principale di entrate per gli artisti e le etichette. In tale contesto, Spotify è al centro della rivoluzione. La piattaforma ha ridefinito il concetto di distribuzione musicale. Ciò permettendo a milioni di artisti di raggiungere un pubblico internazionale. Il tutto anche senza il supporto di una grande etichetta discografica.
Spotify: dettagli sugli investimenti
Nel 2024, la piattaforma ha distribuito oltre 10 miliardi di dollari all’industria musicale. A tal proposito, emerge una questione importante. Ovvero, chi beneficia realmente di tali guadagni? Secondo i dati ufficiali, solo un certo numero di artisti riesce a guadagnare cifre significative. Mentre la maggior parte fatica a generare entrate sostenibili.
Solo 17.800 artisti hanno superato i 100.000 dollari. Mentre centinaia di migliaia restano con guadagni al di sotto dei 10.000dollari. Tale squilibrio evidenzia le difficoltà per gli artisti emergenti. Quest’ultimi, infatti, devono competere in un panorama musicale sempre più saturo. Ogni giorno vengono caricati circa 99.000 nuovi brani. Ciò rende la visibilità un obiettivo difficile da raggiungere.
Uno degli strumenti introdotti per aiutare gli artisti a farsi notare è il Discover Mode. Una funzionalità che consente di aumentare la visibilità dei brani attraverso algoritmi in cambio di una riduzione delle royalties per gli ascolti generati. Da un lato tale strategia offre una maggiore esposizione. Dall’altro solleva perplessità sulla sostenibilità economica per gli artisti, che spesso si trovano costretti ad accettare margini sempre più bassi pur di ottenere ascolti.
Un’altra questione riguarda il confronto tra Spotify e i suoi concorrenti per le remunerazioni per stream. Secondo alcune stime, la piattaforma paga circa 3,0 dollari ogni 1.000 ascolti. Un valore inferiore rispetto ad altre, come Apple Music (6,2 dollari) e Amazon Music (8,8 dollari). Spotify ha respinto tali dichiarazioni. A tal proposito, l’azienda ha dichiarato che il suo modello non si basa su un pagamento fisso per stream. Ma su una ripartizione proporzionale delle entrate pubblicitarie e degli abbonamenti.