Donald Trump sta già facendo parlare di sé. Lo scorso fine settimana ha annunciato l’arrivo di nuovi dazi doganali per tre importanti partner commerciali. Si tratta di Canada, Messico e Cina. Tale decisione può portare uno scossone per il panorama geopolitico e commerciale globale. Con Canada e Messico sembra si stia delineando una via diplomatica per scongiurare una guerra commerciale. La situazione con la Cina, invece, appare molto più complessa e tesa. Non solo Pechino ha risposto con contro-dazi mirati su risorse strategiche come carbone e gas. Ha anche avviato un’indagine antitrust nei confronti di Google. Mossa che solleva interrogativi sul suo tempismo e le sue reali intenzioni.
Donald Trump introduce nuovi dazi
Le ripercussioni di tali decisioni non tarderanno a farsi sentire. In particolare nel settore tecnologico, che si trova al centro di suddetta intricata partita commerciale. Le Big Tech, da sempre sensibili a qualsiasi variazione dei costi di importazione e produzione, sembrano mantenere un silenzio strategico. Solo poche aziende, tra cui Google, Microsoft e NVIDIA, hanno risposto alle richieste di commento. Optando per un laconico “no comment“. Il resto del settore, che comprende colossi come Apple, Meta e Samsung, pare invece osservare gli sviluppi senza esporsi.
D’altro canto, le associazioni di categoria non hanno esitato. Esprimendo subito la loro preoccupazione. L’Information Technology Industry Council (ITI) ha chiesto un approccio più costruttivo e trasparente. Sottolineando la necessità di preservare i legami economici e commerciali con i partner nordamericani. Anche l’Entertainment Software Association (ESA) ha messo in guardia contro le possibili conseguenze negative per i consumatori. Evidenziando l’urgenza di un dialogo più approfondito tra settore pubblico e privato.
In un contesto globale sempre più interconnesso, tali dinamiche rischiano di innescare effetti a catena su diversi settori economici. Oltre ai possibili rincari per i consumatori finali, le nuove tariffe potrebbero spingere le aziende tecnologiche a rivedere le proprie filiere produttive. Accelerando la delocalizzazione in altre regioni.