L’Autorità Garante della privacy di recente ha lanciato un monito contro l’uso indiscriminato di Graphite. Ovvero lo spyware sviluppato dall’azienda israeliana Paragon Solutions. Questo software, infatti, è in grado di penetrare nei dispositivi digitali senza consenso.
Rappresenta così una minaccia concreta alla sicurezza dei dati personali. La normativa sulla privacy stabilisce che l’impiego di strumenti di sorveglianza deve avvenire solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Qualsiasi altra forma di utilizzo potrebbe comportare sanzioni severe. Si parla di fino a 20 milioni di euro o il 4% del fatturato dell’azienda responsabile.
Le segnalazioni giunte al Garante della privacy hanno rivelato come Graphite sia stato distribuito attraverso file PDF inviati su WhatsApp. In particolare sfruttando tecniche avanzate per infettare i device senza che nessuno se ne accorga. L’Autorità ha ribadito che la sorveglianza elettronica deve essere rigorosamente limitata a scopi di sicurezza nazionale o indagini su reati gravi. Il Garante ha quindi assicurato che intensificherà i controlli per individuare eventuali abusi. Ma soprattutto per tutelare i diritti fondamentali delle persone.
La questione ha suscitato grande attenzione a livello internazionale. Dopo le rivelazioni giornalistiche, Paragon Solutions ha deciso di interrompere le proprie operazioni in Italia. L’azienda sostiene che Graphite fosse destinato esclusivamente a enti governativi impegnati nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. Le indagini indipendenti però hanno evidenziato come lo spyware sia stato utilizzato per monitorare attivisti e giornalisti. Tra cui Francesco Cancellato, Luca Casarini e David Yambio.
Il governo italiano ha respinto le accuse. Ha poi dichiarato che i servizi di intelligence nazionali non hanno preso parte a queste operazioni di sorveglianza. Ad ogni modo, malgrado le rassicurazioni, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha avviato un’indagine approfondita, affiancata dal Copasir, per fare luce sulla vicenda. Nel frattempo, il Citizen Lab dell’Università di Toronto sta analizzando i dispositivi compromessi. Proprio per determinare la reale portata della minaccia. Le autorità restano vigili.