Circa due anni fa, l’Unione Europea ha destinato ben 40 miliardi di euro alle industrie pesanti. Con questo grosso contributo ha consentito loro di continuare a inquinare senza affrontare costi significativi, dandogli un aiuto anzi. Le quote ETS, che dovrebbero incentivare la riduzione delle emissioni, hanno visto una parte importante di permessi gratuiti destinati ora alle aziende. In particolare, il settore siderurgico ha beneficiato di circa 11,3 miliardi di euro, più del 25% del totale. Strano vero? Hanno alzato il livello di emissioni dell’Europa, eppure pare che siano premiati. Alcuni colossi, come ArcelorMittal e Heidelberg, hanno ricevuto infatti quote superiori alle loro emissioni effettive. Ciò solleva interrogativi: perché questi giganti continuano a ricevere permessi gratuiti? Non contano i loro scarsi progressi nella riduzione delle emissioni? Quale incentivo hanno per cambiare?
Secondo il rapporto di Carbon Market Watch e WWF, questi aiuti non stimolano affatto una transizione dell’Europa verso tecnologie più ecologiche. Piuttosto, si favorisce il mantenimento dell’attuale modello inquinante. La società nel suo complesso paga il prezzo di questi danni. Le aziende continuano allo stesso modo, mentre l’Europa ne paga le conseguenze sotto forma di problemi ambientali
e sanitari. La tanta decantata decarbonizzazione dov’è? Non sarebbe più giusto destinare queste risorse a soluzioni innovative per ridurre le emissioni?Anche il Fondo per l’Innovazione, creato per sostenere la transizione ecologica, ha mostrato diversi limiti. Nel periodo 2020-2022, quasi il 40% delle risorse, pari a 2,5 miliardi di euro, è stato investito in progetti di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). Questi interventi, purtroppo, non sembrano essere però la soluzione alla riduzione effettiva delle emissioni. Invece di concentrarsi su tecnologie più efficaci, l’UE continua a finanziare pratiche non producenti. Secondo molti esperti esse, infatti, non portano ai risultati sperati. Il possibile rinvio della tassa sulla CO2 alle frontiere, previsto per il 2027, potrebbe inoltre rallentare ulteriormente la transizione dell’Europa. Il rinvio porterebbe anche ad una perdita per il Fondo di 20 miliardi di euro. Possiamo davvero permetterci di continuare a procrastinare e rallentare il processo di decarbonizzazione? Probabilmente no.