C’è aria di tempesta nel mondo dell’informazione italiana, e questa volta il problema non viene da fake news o crisi editoriali, ma dagli hacker. Il Rapporto Clusit 2025 parla chiaro: nel 2024, quasi un attacco informatico grave su cinque nel nostro Paese ha preso di mira giornali, TV, radio e piattaforme di contenuti online. Insomma, se prima i bersagli preferiti erano banche, aziende e pubblica amministrazione, ora l’attenzione si è spostata su chi fa informazione. E non è una bella notizia.
Il mondo dei media è pronto a difendersi?
Gli attacchi informatici stanno crescendo a livello globale a una velocità preoccupante: il 27% in più rispetto all’anno scorso, con quasi 300 attacchi al mese. E l’Italia non è da meno, visto che ha subito oltre il 10% di tutti gli attacchi mondiali, con numeri in costante crescita. E qui non parliamo di semplici tentativi andati a vuoto: la maggior parte degli attacchi riesce a colpire nel segno, creando danni enormi.
Ma come agiscono questi criminali digitali? Il metodo più usato resta il malware, ovvero quei software infetti che si insinuano nei dispositivi per rubare dati o bloccare interi sistemi. Poi ci sono gli attacchi DDoS, quelli che mandano in tilt un sito sommergendolo di traffico fino a farlo crollare. E infine lo sfruttamento delle falle nei software, una tecnica che gli hacker stanno affinando sempre di più.
E non è tutto. Sta crescendo un fenomeno ancora più subdolo: l’hacktivism. Non si tratta di attacchi a scopo di lucro, ma di operazioni con un obiettivo politico o ideologico. In Italia, quasi un terzo degli attacchi rientra in questa categoria, e il trend sembra destinato a crescere, anche per via del clima geopolitico sempre più teso.
Davanti a uno scenario del genere, ignorare il problema non è un’opzione. Le aziende del settore media devono alzare la guardia, investire in sicurezza e, soprattutto, formare chi ci lavora per evitare trappole come il phishing o l’ingegneria sociale.
C’è almeno una nota positiva: il settore finanziario ha dimostrato che, con le giuste strategie, il rischio si può ridurre. Ora la palla passa al mondo dell’informazione: riuscirà a proteggersi prima che gli hacker colpiscano ancora più duramente?