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Navi e inquinamento: il lato nascosto del commercio globale

Se pensiamo all’inquinamento marino, spesso immaginiamo plastica sulle spiagge o petrolio che galleggia sulle onde. Ma c’è un nemico silenzioso che peggiora di anno in anno: il traffico navale. Ogni giorno, migliaia di navi solcano i mari trasportando merci, turisti e rifornimenti, ma dietro questo incessante movimento si nasconde un problema enorme. Secondo la Corte dei Conti UE, il 75% dei mari europei soffre a causa dei rifiuti marini e l’80% delle acque è contaminato da sostanze chimiche. Insomma, gli oceani stanno pagando il conto del nostro commercio globale.

 

Il mare è una discarica? I numeri inquietanti da sapere

Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha investito oltre 216 milioni di euro per migliorare la gestione dei rifiuti navali e ridurre l’inquinamento. Eppure, il problema non accenna a diminuire. Un esempio? Le navi che arrivano a fine vita dovrebbero essere smaltite secondo norme precise, ma la metà di esse sfugge alle regole ambientali cambiando bandiera all’ultimo minuto. In pratica, molti armatori preferiscono portare le loro imbarcazioni in Paesi con leggi meno severe, dove il riciclo sostenibile diventa solo un’illusione.

Un altro problema sottovalutato è la perdita di container in mare. Ogni anno, migliaia di questi enormi contenitori finiscono nelle profondità marine, spesso senza che nessuno ne tenga traccia. Non esiste infatti un sistema obbligatorio per registrarne la dispersione, e meno dell’1% viene effettivamente recuperato. Di conseguenza, restano per anni a inquinare gli ecosistemi,

rilasciando sostanze tossiche e diventando trappole mortali per la fauna marina.

Anche le ispezioni sulle navi lasciano a desiderare. Tra il 2022 e il 2023, il sistema satellitare CleanSeaNet ha rilevato oltre 7.700 possibili episodi di inquinamento, ma meno della metà è stata verificata. E ancora peggio, solo il 7% ha portato a conferme di sversamenti illegali. Questo significa che molte violazioni passano inosservate o, peggio ancora, impunite.

Le sanzioni, infatti, sono un altro punto dolente. Alcuni Paesi applicano multe irrisorie, mentre altri possono arrivare fino a 500mila euro. Il risultato? Gli armatori preferiscono rischiare piuttosto che investire in soluzioni più ecologiche. Lo stesso vale per le reti da pesca abbandonate, una delle principali fonti di rifiuti marini. Dal 2021 solo sei Stati UE hanno punito chi le lascia in mare, contribuendo a un problema che sta soffocando i nostri oceani.

Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di “inquinamento zero” entro il 2030, la Corte dei Conti UE propone soluzioni concrete: digitalizzare le procedure per interventi più rapidi, uniformare le sanzioni in tutta l’Unione, migliorare il monitoraggio dei fondi europei e creare sistemi di tracciabilità per individuare le navi responsabili dei rifiuti.

Resta da vedere se queste misure verranno davvero applicate. Per ora, il mare continua a pagare il prezzo delle nostre scelte.

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Pubblicato da
Margherita Zichella