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Krishna di IBM sfida le previsioni sull’AI e il lavoro umano

Arvind Krishna di IBM sostiene che l'AI aiuterà i lavoratori, ma non li sostituirà, e che il futuro è nel quantum computing.Arvind Krishna di IBM sostiene che l'AI aiuterà i lavoratori, ma non li sostituirà, e che il futuro è nel quantum computing.

Arvind Krishna, CEO di IBM, non è affatto convinto delle previsioni più ambiziose sull’intelligenza artificiale. Ad esempio, Dario Amodei, CEO di Anthropic, ha recentemente affermato che nei prossimi mesi il 90% del codice potrebbe essere scritto dall’AI. Krishna, però, la vede diversamente: secondo lui, la percentuale reale sarà più vicina al 20-30%.

 

Krishna (IBM): “L’AI non sostituirà gli esseri umani”

Il punto, dice, è che ci sono situazioni in cui l’AI funziona molto bene, come per generare pezzi di codice ripetitivi o standardizzati. Ma ci sono anche tanti altri contesti, più complessi e sfumati, in cui l’AI non può sostituire la capacità umana di risolvere problemi e scrivere software sofisticati.

Più che una rivoluzione che cancellerà i programmatori, Krishna vede l’AI come uno strumento per aumentare la produttività: i team di sviluppo potranno scrivere più codice più velocemente, ma il ruolo umano rimarrà centrale. A supporto di questa visione, porta un esempio storico: ogni volta che una nuova tecnologia ha reso più efficiente un settore, non ha portato alla sua distruzione, ma alla sua espansione. Le aziende che hanno saputo sfruttare al meglio l’innovazione hanno guadagnato quote di mercato e hanno potuto lanciare nuovi prodotti.

Ovviamente, IBM ha tutto l’interesse a promuovere questa visione “equilibrata” dell’intelligenza artificiale, visto che vende soluzioni AI alle aziende. Ma è curioso notare come Krishna stia ridimensionando il ruolo dell’AI rispetto alle sue dichiarazioni di un paio d’anni fa. Nel 2023, infatti, aveva detto chiaramente che IBM avrebbe smesso di assumere per alcune mansioni amministrative che potevano essere automatizzate dall’intelligenza artificiale.

Krishna ha anche fatto un parallelismo con altre tecnologie del passato: all’inizio, c’era chi temeva che le calcolatrici avrebbero reso inutili i matematici o che Photoshop avrebbe sostituito gli artisti. Eppure, oggi nessuno si sognerebbe di dire che queste professioni siano scomparse. Secondo lui, l’AI sta seguendo lo stesso percorso: è un

aiuto, non una sostituzione.

 

Ridimensionare le aspettative

Un altro tema che ha toccato riguarda l’energia. È vero che i modelli di intelligenza artificiale consumano quantità enormi di risorse, ma Krishna crede che diventeranno più efficienti. Ha citato il lavoro della startup cinese DeepSeek, che ha dimostrato che si possono ottenere risultati simili con modelli molto più piccoli. Tuttavia, si chiede se serva ancora puntare su modelli enormi o se non sia il momento di ripensare l’approccio.

E per chi spera in scoperte rivoluzionarie grazie all’AI? Anche qui, Krishna è scettico. Secondo lui, l’AI non può portare a vere innovazioni scientifiche perché si basa su conoscenze già esistenti e non è in grado di sviluppare nuove teorie. Per trovare la prossima grande scoperta, dice, dobbiamo guardare altrove. E per lui, il futuro è nel quantum computing, una tecnologia su cui IBM sta investendo moltissimo.

Le sue parole contrastano con quelle di Sam Altman di OpenAI, che ha più volte dichiarato di credere che l’AI potrebbe diventare superintelligente nei prossimi anni e accelerare enormemente la ricerca scientifica. Ma Krishna non si sbilancia e rimane con i piedi per terra: l’AI può migliorare il lavoro umano, ma non lo sostituirà del tutto. E, almeno per ora, non sarà lei a risolvere i misteri dell’universo.

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Pubblicato da
Margherita Zichella