Nel settore dei materiali per la fusione nucleare, il Dutch Institute for Fundamental Energy Research (DIFFER) sta portando avanti un’impresa rivoluzionaria. Quest’ultima risulta particolarmente utile per l’ambito dell’energia pulita. Ciò attraverso il sofisticato dispositivo Magnum-PSI. Un vero e proprio banco di prova per condizioni estreme. Il DIFFER studia nuovi materiali in grado di resistere al fuoco ardente del plasma, la sostanza che alimenterà i reattori di prossima generazione. Quando si parla di fusione nucleare, si entra in un mondo dove la temperatura supera abbondantemente quella del nucleo solare. Un ambiente in cui pochi materiali conosciuti possono sopravvivere.
Reattori nucleari: le possibili innovazioni
I tradizionali metalli solidi, anche se dotati di un punto di fusione elevatissimo, non sono esenti da problemi. L’erosione causata dal bombardamento di particelle, le microfessure dovute agli sbalzi termici e l’affaticamento strutturale rappresentano sfide critiche. Quest’ultime, infatti, minacciano la durabilità e l’efficienza delle pareti del reattore.
Per affrontare tale ostacolo, il DIFFER sta sperimentando un approccio innovativo. Si tratta dell’uso di metalli liquidi come barriera dinamica di protezione. Tale concetto, oltre a migliorare la resistenza nel tempo, potrebbe anche contribuire alla stabilizzazione del plasma stesso. Ciò grazie alla sua capacità di auto-ripararsi. L’implementazione di suddetta idea non è priva di difficoltà. I ricercatori devono individuare materiali con il giusto equilibrio tra alta temperatura di fusione e bassa volatilità. Inoltre, è fondamentale sviluppare supporti strutturali capaci di mantenere un flusso controllato del metallo senza compromettere l’integrità del sistema.
Magnum-PSI gioca un ruolo chiave in tale ricerca, offrendo un ambiente di test unico al mondo in cui i materiali possono essere esposti a condizioni identiche a quelle previste nei futuri reattori a fusione, come ITER. Gli esperimenti condotti negli ultimi anni hanno già fornito risultati promettenti. Se tale tecnologia dovesse rivelarsi efficace, le conseguenze sarebbero enormi. La vita utile dei reattori potrebbe aumentare, riducendo i costi di manutenzione e migliorando la sostenibilità della fusione nucleare.