giovedì, Aprile 10, 2025

Deep Sea Mining: i rischi a fronte di risorse preziose

Il deep sea mining offre risorse per tecnologie verdi, ma comporta rischi ecologici gravi e danni a lungo termine agli ecosistemi marini.

di Margherita Zichella
Il deep sea mining offre risorse per tecnologie verdi, ma comporta rischi ecologici gravi e danni a lungo termine agli ecosistemi marini.

Immaginiamo per un momento di essere su una barca, in mezzo all’oceano, a pensare che sotto di noi c’è una risorsa incredibile che potremmo usare per salvare il nostro futuro. Parliamo del deep sea mining, cioè estrarre minerali come manganese, cobalto e rame dai fondali marini. Suona interessante, vero? E, tecnicamente, è anche una soluzione alle necessità di risorse per tecnologie verdi, come le batterie per le auto elettriche. Ma, aspettate un attimo, c’è un piccolo problema. O forse è meglio dire che è un grandissimo problema. Perché, anche se l’idea di scavare il fondo dell’oceano sembra perfetta sulla carta, quando si parla di danni a lungo termine, le cose si complicano un po’.

 

Il Deep Sea Mining e i suoi pericoli nascosti

Immaginate questo: nel 1979 alcuni ricercatori hanno testato l’estrazione mineraria nei fondali marini e, sorprendentemente, hanno scoperto che i danni sono ancora visibili dopo oltre 40 anni. Le zone dove si è scavato non sono mai più riuscite a tornare come prima, e l’ecosistema marino fatica a riprendersi. Come se fosse rimasto un segno indelebile, un’impronta che non guarisce. Ma perché? Perché ogni volta che si grattano i fondali marini, si rimuovono interi habitat marini e si mettono in circolo sostanze tossiche, tutte cose che non si vedono subito, ma che col passare degli anni danneggiano l’intero sistema.

E la situazione non si ferma qui. La Clarion-Clipperton Zone, che si trova tra il Messico e le Hawaii, è diventata uno dei luoghi più ambiti per queste estrazioni. Ma cosa succede davvero quando si fa mining a 5.000 metri di profondità? La verità è che non lo sappiamo ancora del tutto. Studi recenti ci dicono che il danno potrebbe non essere solo immediato, ma che i sedimenti sollevati dai macchinari possano diffondersi per chilometri, alterando la vita marina anche lontano dal sito di estrazione.

Quindi, la domanda è: vale davvero la pena mettere a rischio un ecosistema così delicato per ottenere i minerali che potrebbero alimentare il futuro? Sicuramente, trovare risorse per l’energia verde è fondamentale, ma non possiamo fare finta che non stiamo minacciando un intero mondo sotterraneo che ancora non comprendiamo appieno. In fondo, forse la vera sfida non è solo come estrarre minerali, ma come farlo senza distruggere quello che già abbiamo sotto i nostri piedi, o meglio, sotto le onde.

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