Un caso di potenziale violazione dei dati ha suscitato grande attenzione. La questione riguarda la presunta esposizione di informazioni personali. Appartenenti a numerosi politici e alti funzionari italiani. Tra cui anche Giorgia Meloni e Sergio Mattarella. La storia ha avuto inizio circa un mese fa, quando un utente ha segnalato alla stampa e agli enti competenti di essere venuto a conoscenza di un vasto database. Quest’ultimo conteneva migliaia di numeri di telefono e altri dati personali di politici e funzionari pubblici, appartenenti a ministeri cruciali come Giustizia, Interni e Difesa. Ma anche a forze di polizia come la Guardia di Finanza, la Polizia di Stato e i Carabinieri. La segnalazione ha scatenato un allarme iniziale.
Scovata una possibile data breach: cosa è successo?
L’Agenzia per la Sicurezza Nazionale, a cui la questione era stata riportata in modo formale, ha inizialmente liquidato la segnalazione come una “bufala”. Anche se l’allarme era stato ridimensionato, il caso ha continuato a serpeggiare nei media. Il punto di svolta è arrivato grazie all’intervento di Andrea Draghetti, responsabile della divisione intelligence di D3Lab, una società di cybersicurezza. Dopo aver esaminato la situazione, Draghetti ha confermato che il database esisteva, ma non era il frutto di un data breach.
I dati in questione, infatti, erano pubblici, reperibili su pagine ufficiali e sezioni contatti di vari enti e ministeri. E successivamente raccolti legalmente da una società specializzata chiamata Lusha. Quest’ultima utilizza una tecnica conosciuta come “scraping“, che consiste nel raccogliere automaticamente informazioni pubbliche da internet e successivamente venderle a terzi. In particolare ad aziende che cercano di ampliare le proprie reti di contatti. Tale pratica, anche se legale, ha sollevato interrogativi sul grado di protezione delle informazioni disponibili al pubblico e sull’uso che ne può fare il settore privato.
Nonostante ciò, la vicenda è stata discussa solo successivamente. In particolare, il Fatto Quotidiano ha dedicato un ampio spazio alla vicenda solo l’8 aprile. Tale ritardo nel chiarire i fatti ha fatto sì che la vicenda rimanesse al centro dell’attenzione mediatica. Alimentando ulteriormente la curiosità e le speculazioni. Anche se il caso si è risolto in una maniera meno drammatica rispetto alle aspettative, il dibattito sulla privacy e sulla gestione dei dati rimane piuttosto acceso.