Come è noto, dall’ottobre scorso Google è “migrata”, per così dire, in una nuova società – Alphabet – concepita per racchiudere, ma al contempo rendere indipendenti, tutti i progetti portati avanti dal colosso di Mountain View che potranno così contare d’ora in avanti su un proprio team di sviluppo e un proprio CEO.
Intervistato al Fortune Magazine Dinner in San Francisco di qualche giorno fa, il fondatore di Google Larry Page ha spiegato più nel dettaglio le motivazioni alla base della nascita della nuova società Alphabet, tra le quali spicca l’innovazione.
La nascita di Alphabet segna la fine di Google così come lo abbiamo conosciuto finora. La compagnia – divenuta troppo grande per i suoi propri servizi – ha deciso come detto di renderli tutti indipendenti, ciascuno con una propria leadership e una strategia personalizzata.
La prima ragione alla base di tale scelta, spiega il fondatore di Google, è l’innovazione. Il punto principale è che sarebbe un disastro se Google cercasse di star dietro a tutte le sue società acquisite. Oltre a Search e Android, infatti, Google dovrebbe gestire Calico, Fiber, Ventures, Capital, Nest e molte altre filiali non mancheranno sicuramente di aggiungersi all’elenco in futuro. Semplicemente non è quello che Big G. sa fare meglio. Di conseguenza, ha spiegato Page, hanno pensato che fosse meglio dare a queste società parallele un po’ di respiro.
Alphabet spiegata dal fondatore di Google Larry Page
Sempre attenta all’ambiente di lavoro dei suoi dipendenti, la nuova strategia darebbe in primo luogo maggiore libertà a ingegneri e scienziati impegnati nell’ideazione di quei prodotti incredibili che tanto colpirono Google al punto di acquisire la filiale.
In secondo luogo, da adesso ogni divisione potrà svilupparsi in modo molto più specializzato, senza contare che gli investitori sono più interessati a piccole imprese dalla crescita forte e veloce.
C’è poi il fattore emotivo legato all’essere dipendente di un gigante come Google. Page difatti ha sottolineato che non a tutti piace l’idea di lavorare in una grande azienda, ma che queste persone si sentirebbero probabilmente più ispirate in ambienti di lavoro più piccoli e autonomi. “Le aziende hanno una reputazione abbastanza brutta. Non è che le persone si svegliano al mattino e dicono: ‘vado a lavorare per un’azienda’. Lo fanno perché devono.”
Un aspetto interessante della vicenda che si tende a non cogliere appieno è che Alphabet non riguarda i consumatori, ma esclusivamente datori di lavoro e dipendenti. In effetti, se i secondi saranno maggiormente liberi e indipendenti grazie alla nuova società, per i primi cambierà poco o niente nel modo di interagire con i servizi Google. Lo stesso nome scelto – Alphabet – è concepito per non essere eccessivamente accattivante per gli utenti, non tanto perlomeno da oscurare quello di Google.
Si tratta insomma di semplici strategie interne che, sebbene avranno scarse ripercussioni sull’utente finale, sono molto probabilmente destinate a divenire un modello da seguire per le grandi compagnie in futuro.